Impegnato nell’avvio di un nuovo ristorante per un progetto di cucina del benessere estremamente complesso e ambizioso siamo arrivati alla selezione del pane da utilizzare sia in sala che nelle preparazioni di cucina ove è necessario.
Per varie motivazioni almeno nella fase iniziale non potremo occuparci internamente della produzione del pane perché onestamente è una cosa da fare bene e dove servono spazi di produzione e figure professionali ben precise senza lasciare spazi a improvvisazioni e maldestri prodotti finali.
Nella selezione abbiamo individuato una serie di professionisti produttori di pane autentici e non semplici trasformatori di materie prime già preparate.
Insomma panificatori veri e competenti con cui ci siamo prima confrontati specificando esigenze e richieste e poi selezionato per prova una serie di campioni della loro produzione.
Fino ad arrivare alla fase dell’assaggio con tutte le tipologie diverse possibili facendo attenzione alla scelta delle farine di base con cui erano realizzati, alla cottura eseguita, alla conservazione necessaria nel tempo e alla conseguente velocità di deperimento.
Di tutti questi assaggi mi ha sempre colpito la percentuale di sale presente a mio parere sempre elevata e sproporzionata rispetto all’obbiettivo, che dovrebbe essere primaria, di far esaltare la buona materia prima di base usata in termini di grano e provenienza.
Ora ci sono motivazione tecniche per la quantità di sale da immettere in un impasto in base a diversi parametri e obbiettivi che si vogliono poi ottenere.
Su cui non mi addentro più di tanto non essendo io uno specialista in materia, mi onoro di avere come forte amicizia la migliore conoscitrice di questi aspetti a cui chiederò ancora più informazioni per questi elementi strettamente tecnici.
Fatto sta che non dico nulla di nuovo nell’affermare che è tranquillamente possibile realizzare pane con poco sale e addirittura senza sale se si lavora bene sugli impasti, i mix di farine utilizzate, la tecnica e altri aspetti importanti.
Magari costa un po’ di fatica in più, certamente servono materie prime di più alto livello e qualità, ma si può ottenere eccellente pane anche con poco sale aggiunto.
Dove il sapore delle farine, se buone, si sente al massimo della loro espressione e possiamo accompagnare i nostri piatti in maniera più efficace e appropriata, ma soprattutto portando un consistente vantaggio per la nostra salute.
Il sale è infatti un elemento estremamente sensibile nel dibattito acceso sulla migliore strategia alimentare per minimizzare al minimo l’insorgere di moltissime patologie direttamente o indirettamente legate all’alimentazione.
Sono recenti molti studi, a dire il vero non sempre concordi e unitari, che mettono in risalto l’emergenza sale continua e pesante all’interno della dieta.
In sostanza continuiamo a consumare livelli di sale molto, molto elevati e questo condiziona in maniera determinante tante altre funzioni organiche dell’organismo, probabilmente molte più di quelle che si ritengono oggi coinvolte.
Ma dobbiamo rimarcare anche l’aspetto strettamente organolettico che riguarda l’incidenza del sale all’interno dei piatti di cucina, l’alterazione della capacità di saper gustare fino in fondo il cibo sentendo fino in fondo tutti i suoi sapori.
L’impegno da proporci è quello di arrivare a gustare di più e a salare di meno, un obbiettivo alla portata di chiunque se si tiene sempre presente e si è sempre consapevole dei danni ingenti che l’eccesso di sale può portarci, per la salute e per la piacevolezza finale di gustare nel profondo il cibo.
Con un altro risvolto estremamente importante che riguarda la qualità del cibo, se infatti è bassa e scarsa il contenimento del sale lo dimostrerà chiaramente al di la di tutti i sistemi usati per mascherarlo, facendo finalmente trionfare il cibo che vale e non quello che vende!!!