A costo di ripetermi e essere noioso ribadisco un concetto molto semplice, l'olio buono è la base per realizzare qualsiasi preparazione di gusto, benessere e gioia.
Il fatto che sia un grasso e per questo si porti addosso il fardello di cibo da limitare pone male la questione perché ogni cibo ha la sua collocazione naturale, chi in abbondanti porzioni chi in dosi minori senza alcuna classifica meritoria particolare se il tutto si muove all'interno di un alimentazione corretta, equilibrata, sana e attenta.
Quindi il punto non è se usare o non usare l'olio, assolutamente va usato senza timori, il punto è scegliere quello più “redditizio” per il nostro consumo.
Dal punto di vista del gusto, del contributo aromatico finale, delle componenti salutistiche e preventive che arriva a portare, della sintonia con le preparazioni tipiche di una regione o semplicemente della propria casa!
Rimane un deserto quasi assoluto l'educazione del consumatore finale che frastornato dalle mille notizie che sente in giro e dalle forti pregiudiziali frutto di anni di cattiva comunicazione alimentare fatica a orientarsi.
Non solo questo però, manca probabilmente un educazione al gusto, ai sentori, ai profumi, alle molecole aromatiche, alla riconoscibilità corretta di quelle che sono le sensazioni provate in bocca nel momento in cui si degusta un prodotto di pregio come avviene spesso con l'olio di oliva di qualità.
Di cui il nostro paese per quante notizie nefaste sull'olio si continuano a sentire è stra pieno con produttori bravissimi e appassionati che resistono alla poca redditività, al fardello burocratico asfissiante e alla non unità visuale di un comparto che avrebbe bisogna di fare squadra per vincere sul mercato.
Delle difficoltà del consumatore nel capire le scelte da fare ne ho avuto riprova ieri nel bel incontro tenuto a Erba di cui ho parlato in questo post.
Difficoltà di scelta e orientamento nel capire quale olio è opportuno utilizzare, difficoltà nel capire il valore e il contributo di un olio di qualità e soprattutto difficoltà nel valutare con adeguatezza i suoi pregi organolettici spesso scambiati per difetti.
Avevo accanto a me un bravo e piccolo produttore di olio dei dintorni (non fatevi ingannare, oli molto buoni si fanno anche nel nord estremo del nostro bel paese!) che ha fatto assaggiare spiegando a dovere 2 oli, uno buono e uno cattivo.
Quindi la tecnica di degustazione passando prima per i sentori al naso e poi per le mille indicazioni della bocca e della lingua nel momento dell'assaggio vero e proprio.
Era molto intuibile capire che per molti quelli che erano pregi dell'olio (il fruttato, l'amaro equilibrato, le tracce sensoriali riportabili a cibi specifici, il piccante autorevole delle olive buone) sembravano spesso difetti o elementi anomali.
Quelli che erano difetti (l'anonimato dei profumi, il sottofondo lampante scambiato per finta dolcezza, quel retrogusto avvinato associato con errore ai profumi del vino e molto altro) parevano spesso normalità o purtroppo sintomo di qualità.
Ora l'errore più grave sarebbe quello di giudicare male il bel pubblico che assisteva al nostro incontro, che in realtà appunto era un bel pubblico molto interessato a capire.
Semmai bisogna chiedersi cosa si sia sbagliato fino adesso per non essere riusciti con efficacia a far capire bene il valore della qualità di un prodotto eccellente quale è l'olio delle olive.
Qui nel nostro paese patria della qualità assoluta e di una sterminata varietà di cultivar che tutto il mondo ci invidia.
Tuttavia sono rimasto piacevolmente soddisfatto lo stesso, quando presa la parola ho iniziato a spiegare con cura e attenzione l'uso dell'olio in cucina citando esempi pratici, piccole ricette, suggerimenti, trucchi astuzie, strategie, contributi organolettici e bontà varie ho visto la fronte dei miei interlocutori rasserenarsi e godere delle visioni evocate.
Il punto e il nodo centrale rimane questo, saper evocare e far capire come nella pratica l'olio buono delle olive è il massimo che si possa usare.