Cominciamo con qualche numero utile per farsi un’idea dell’impatto di questi due fenomeni sulla popolazione. Secondo il Rapporto Italia Eurispes 2018, il 6,2% degli italiani si dichiara vegetariano, un valore in crescita rispetto alla rilevazione del 2017 che era del 4,6%. Al contrario, si è verificato un calo dei vegani che, dal 3% del 2017 è passato allo 0,9% nel 2018, tornando a valori più vicini al passato (1% nel 2016). In generale, si può affermare che negli ultimi 5 anni, il totale di chi ha optato per un regime alimentare vegetariano o vegano - che a differenza del primo è privo di qualsiasi alimento di derivazione animale come i formaggi, le uova o il miele - si è mantenuto abbastanza costante con valori compresi fra il 7 e l’8%.
E l'intolleranza al glutine? Cresce...
Passando alla celiachia, in base ai dati riportati nell’ultima “Relazione annuale del ministero della salute al parlamento sulla celiachia” nel 2016 le nuove diagnosi sono state 15.569, oltre cinquemila in più rispetto all’anno precedente. Mentre il numero totale dei celiaci diagnosticati è di 198.427, ma si stima che i casi “sommersi” ancora da diagnosticare si aggirino intorno alle 400mila persone. A ingrossare queste cifre si aggiungono altre condizioni patologiche associabili al consumo di glutine, come la sensibilità al glutine non celiaca (gluten sensitivity) la cui prevalenza ancora non si conosce ma si stima che oscilli tra lo 0,6% e il 6% della popolazione.
Una scelta difficile?
Insomma, visti i numeri elevati non si può non pensare che la scelta di adottare uno stile alimentare “verde” non comprenda anche gruppi di popolazione con diverse esigenze dietetiche come chi è celiaco. Una esigenza che può scaturire da motivazioni diverse, da quelle etiche nei confronti degli animali a quelle ambientali, filosofiche oppure salutistiche. Molti studi hanno messo in evidenza, difatti, i possibili vantaggi sulla salute come un minore rischio di andare incontro a obesità, diabete di tipo 2, ipertensione arteriosa, cardiopatie e neoplasie.
In effetti, a prima vista può sembrare piuttosto complicata e stressante l’applicazione di due regimi alimentari diversi, ossia da una parte la dieta aglutinata e dall’altra quella vegetariana o vegana. Diventa perciò importante capire se questo doppio approccio possa comportare dei rischi nutrizionali per una fascia di persone particolari come quella degli intolleranti al glutine, ma anche quali cautele adottare eventualmente a tavola. Senza però sostituirsi al nutrizionista, al quale è bene rivolgersi specialmente quando si desidera adottare dei regimi alimentari che – eliminando gruppi di alimenti - possono comportare carenze dietetiche.
Che cautele a tavola per i celiaci?
Per cominciare è bene ricordare che l’assenza del glutine, un composto proteico che comporta notoriamente l’eliminazione di cereali quali il frumento, l’orzo e la segale, non compromette la qualità globale dell’apporto di proteine poiché ha uno scarso valore biologico e può essere a sostituito da cereali e pseudocereali non tossici (ad esempio mais, riso, miglio, quinoa, grano saraceno). Tuttavia, siccome il grano è un protagonista della dieta mediterranea, la sua eliminazione, se non correttamente bilanciata, può comunque determinare una relativa carenza di altri nutrienti, soprattutto fibre, calcio, ferro e folati.
In più, a queste possibili carenze possono sommarsi quelle legate alle diete su base vegetale. E se la vegetariana “classica”, ossia la cosiddetta latto-ovo–vegetariana è quella che risulta più semplice e completa, anche se talvolta può risultare carente di ferro, è la dieta vegana - specie se seguita con poca attenzione - che può esporre di più a rischi carenziali. Come ha scritto in un suo articolo Carlo Catassi, professore dell’Università Politecnica delle Marche, uno dei maggiori esperti italiani di celiachia, il deficit più importante è senz’altro quello di vitamina B12, presente quasi esclusivamente negli alimenti di origine animale, e della quale perciò si consiglia una integrazione. Inoltre la dieta vegetale al 100% può comportare anche una relativa carenza dell’apporto calorico, proteico (per il minore valore biologico delle proteine vegetali), lipidico, di zinco, calcio e di alcune vitamine (A e D). Inoltre, visto l’alto consumo di alimenti vegetali, l’intake di fibra può risultare eccessivo, il che potrebbe determinare una eccessiva diminuzione della densità calorica e interferire negativamente con l’assorbimento dei minerali.
Attenzione a queste sostanze nutritive
Per fare fronte a queste possibile carenze del celiaco a dieta vegan, diventa perciò importante assicurare un adeguato apporto di alimenti naturali ma con una elevata densità calorica come i cereali e gli pseudocereali privi di glutine. Ma anche di alimenti ricchi di grassi buoni come la frutta secca a guscio, i semi oleaginosi o l’avocado rivestono un ruolo importante nella dieta vegana. In particolare è importante che vengano incluse con regolarità le fonti di acido alfa-linolenico (ALA, omega 3) quali i semi di lino macinati, le noci, i prodotti derivati dalla soia, e gli oli a ridotto contenuto di acido linoleico (omega 6) come l’extravergine di oliva.
Sempre nella dieta vegana, in considerazione della ridotta digeribilità delle proteine vegetali, è consigliabile aumentare l’apporto giornaliero proteico rispetto ai valori consigliati per gli onnivori. Magari abbinando spesso cereali e legumi, le cui proteine si completano. Attenzione va data anche agli apporti di minerali. E se quello di calcio è adeguato nella dieta vegetariana, poiché il latte e derivati ne contengono in elevate quantità, può risultare insufficiente nella dieta vegana. Può diventare opportuno utilizzare alimenti addizionati di calcio, come alcuni prodotti derivati dalla soia, o naturalmente ricchi di questo minerale come le verdure a foglia verde, i cavoli e le mandorle. Altri minerali a rischio sono il ferro, che nella forma vegetale è meno biodisponibile, e lo zinco.
Infine, va sottolineato che per i celiaci è fondamentale evitare l’assunzione di alimenti che – sebbene naturalmente privi di glutine - ne possono però essere contaminati. Può essere il caso degli alimenti base di soia, i legumi e i semi oleaginosi. Buona norma pertanto sarebbe quella di controllare in etichetta la certificazione dell’assenza di glutine.