Cereali antichi
I grani antichi sono consigliabili a chi non tollera il glutine?

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A questa domanda ha cercato di rispondere un team composto da ricercatori italiani e norvegesi mettendo a confronto le reazioni digestive provocate da diverse varietà di grani antichi, come lo spelta, e di grani moderni. Scoprendo che, in effetti, qualche differenza c'è

Tutta colpa di una proteina. Per essere in grado di germogliare, i chicchi di grano, oltre agli amidi contengono anche alcune proteine, raggruppate in due grandi famiglie: le gliadine e le glutenine (chiamate gluteline e prolammine nei cereali in genere). Ed è proprio da queste proteine che deriva il glutine, il complesso proteico responsabile di tante reazioni avverse come la celiachia e la sensibilità al glutine. Un composto che assume molta importanza nella lavorazione delle farine: è proprio grazie al glutine, difatti, che quando si miscelano farina e acqua si forma un reticolo proteico che permette la lievitazione e la formazione di impasti soffici ed elastici. E per queste ragioni negli ultimi decenni sono state selezionate delle qualità di grano più ricche di glutine rispetto al passato.

Dal campo al laboratorio

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Da quanto detto, appare comprensibile che ci si sia domandato se i grani antichi potessero risultare idonei o magari, solo più tollerati per chi ha qualche problema col glutine. Da ricordare che a oggi l’unico trattamento efficace per la celiachia è la dieta aglutinata.

In questo contesto si inserisce un nuovo studio italo-norvegese recentemente pubblicato su Foods che ha la caratteristica di avere simulato per la prima volta la digestione del glutine con succhi gastrici umani mettendo a confronto le reazioni all’ingestione dei grani antichi e di quelli moderni. In particolare è stata considerata la loro tossicità, intesa come la produzione dei peptidi (frammenti proteici) immunogenici del glutine, quelli che scatenano la reazione immunitaria nei celiaci o negli allergici, per fare chiarezza.  Tutte le varietà di grano sono state coltivate in Norvegia. I grani antichi testati sono le specie monococco (Triticum monococcum), spelta (Triticum spelta) ed emmer (Triticum dicoccum), mentre quelli moderni sono 4 varietà del Triticum aestivum, ossia Fram, Børsum, Bastian e Mirakel.

L’esperimento in breve

I ricercatori hanno raccolto i succhi gastrici (che contengono anche gli enzimi digestivi) da una ventina di soggetti non celiaci. Poi hanno simulato una sorta di digestione “esterna” mettendo a contatto i succhi con i diversi tipi di grano per un arco di tempo di 4 ore.

I risultati hanno mostrato che, rispetto agli antichi, i grani moderni hanno rilasciato più peptidi immunogenici del glutine, specie nel caso delle varietà Mirakel e Bastian. Tra quelli antichi, il grano spelta (che vedete nella foto) ne ha rilasciato il minor numero in assoluto.

Secondo i ricercatori, i risultati ottenuti hanno confermato che i grani antichi studiati, sebbene risultati meno tossici, restano per ora comunque proibiti sia ai celiaci che agli allergici al grano. Almeno che, in futuro, ulteriori studi non dimostrino che alcune varietà possano essere tollerate. Nel frattempo, i grani antichi possono arricchire una dieta variata e, magari, risultare più digeribili per alcuni soggetti sensibili.

Una digestione più lenta è normale

In effetti, il glutine, a differenza della maggioranza delle proteine alimentari, viene metabolizzato con più lentezza in quanto molto resistente alla digestione da parte degli enzimi gastrointestinali, proprio per la sua ricchezza di glutammine e proline. Tato che il gonfiore e le difficoltà digestive che seguono l’ingestione di glutine – ad esempio dopo una pizza – sebbene siano del tutto  normali anche per i non celiaci, vengono spesso per errore scambiati per reazioni di intolleranza ai cereali con il glutine.

 

I grani antichi sono consigliabili a chi non tollera il glutine? - Ultima modifica: 2020-09-25T10:05:10+02:00 da Barbara Asprea

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