Novità dalla ricerca
Ecco le fibre che ci fanno dimagrire (o non ingrassare)

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Alcuni vegetali, come i topinambur, sono ricchi di particolari fibre che, secondo uno studio appena pubblicato, spengono il desiderio per i cibi grassi e calorici, migliorando la comunicazione tra intestino e cervello. A tutto vantaggio della linea e della salute

Cos’hanno in comune topinambur, porri, cipolle o carciofi? In effetti tante virtù nutrizionali, ma tra queste oggi ce ne interessa una in particolare, ossia l’essere una fonte particolarmente ricca di inulina. Una fibra solubile che fa parte dei fruttoligosaccaridi o FOS (ossia carboidrati non disponibili, considerati prebiotici per i loro effetti salutari sulla flora intestinale). In altre parole, si tratta di carboidrati che il nostro apparato digerente non riesce ad assimilare e a utilizzare a scopo energetico e che perciò arrivano non digeriti direttamente nel colon, dove fermentano. Ebbene, l’inulina ha la caratteristica di dare vita a numerose sostanze in grado di agire in modo selettivo sul microbiota, fornendo nutrimento ai batteri benefici, con una cascata di effetti positivi a livello metabolico e protettivo per la salute.

Ma non solo. L’inulina, grazie ai suoi effetti sul microbiota sarebbe in grado di influenzare anche il nostro comportamento alimentare. Già nel 2016 uno studio pubblicato sull’American Journal of Clinical Nutrition aveva scoperto che grazie all’assunzione di inulina, e il conseguente aumento nel colon del propionato (metabolita dovuto alla fermentazione microbica) in un gruppo di persone normopeso si era modificato il comportamento alimentare basato sulla ricompensa. Ossia quel meccanismo che ci spinge verso i cibi supercalorici, anche in assenza di un reale appetito,  alla ricerca di una gratificazione immediata.

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Obesità, inulina e microbiota

Ebbene, sempre in questo filone di ricerca va a inserirsi un nuovo studio clinico da poco pubblicato su Gut, che però ha focalizzato l’attenzione sull’assunzione di alte dosi di prebiotici come l’inulina e l’effetto sul comportamento alimentare in persone sovrappeso. Con lo scopo di cercare strategie meno invasive per la prevenzione e il trattamento dell’obesità e che potrebbero giustificare un consumo superiore di fibre rispetto a quanto previsto dalle linee guida di sana alimentazione.

L’equipe di ricercatori principalmente dell’Università di Lipsia in Germania ha reclutato una sessantina (59: 40 maschi e 19 femmine) di giovani e adulti aderenti a una tipica dieta occidentale, con un età dai 18 ai 42 anni e con un indice di massa corporea tra 25 e 30, corrispondente alla fascia del sovrappeso.

A tutti i partecipanti sono stati somministrati quotidianamente e per due settimane 30 grammi di inulina estratta dalla radice di cicoria. Inoltre ai volontari sono state effettuate delle risonanze magnetiche al cervello per quattro volte: prima e dopo il trattamento prebiotico, prima e dopo il trattamento con il placebo (durante questa fase, ai volontari è stata data una sostanza con lo stesso contenuto calorico dell’altra ma senza l’aggiunta di inulina). Ovviamente prima e dopo lo studio sono stati analizzati i microbiota dei partecipanti, la presenza di acidi grassi a catena corta, di ormoni intestinali e altri marker legati all’infiammazione intestinale ma non solo.

La risposta è cambiata

Durante le sessioni di risonanza magnetica, i ricercatori hanno mostrato ai partecipanti immagini di cibi e hanno chiesto quale fosse il livello di desiderio di mangiarli. Dopo la sessione, i ricercatori hanno dato ai partecipanti il piatto che desideravano di più e hanno chiesto loro di mangiarlo. Ebbene, quando i partecipanti hanno valutato il cibo ipercalorico, le scansioni dei centri di ricompensa del loro cervello hanno mostrato un’attività ridotta dopo aver consumato l'inulina, rispetto a quanto accaduto nella fase del placebo. In altre parole, i ricercatori hanno appurato una diminuzione della risposta del cervello ai segnali alimentari ipercalorici legati alla ricompensa. Un cambiamento nella risposta cerebrale che – non c’è da stupirsi - è stato accompagnato da una modifica del microbiota intestinale. Ad esempio si è vista una maggiore presenza della famiglia dei bifidobatteri, produttori di acidi grassi a catena corta, noti per l’azione antinfiammatoria ma non solo.

In altre parole, secondo la ricerca in questione grazie all'inulina i cambiamenti del microbiota – e delle sostanze prodotte a livello intestinale – sembrano in grado di ridurre l’iperattivazione che gli alimenti ricchi di grassi e zuccheri esercitano sulle regioni di ricompensa del cervello. Un ulteriore risultato che rafforza la cosiddetta asse intestino-cervello, della quale tanto si parla in questi ultimi anni.

Ecco le fibre che ci fanno dimagrire (o non ingrassare) - Ultima modifica: 2023-10-30T07:43:51+01:00 da Barbara Asprea

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