Diete e dintorni
Digiuno intermittente settimanale: meglio della dieta?

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Tra le tante strategie per dimagrire, il digiuno intermittente continua a far parlare di sé. Secondo uno studio recente, per le persone oversize lo schema settimanale 4:3 potrebbe essere più efficace – e più sostenibile – della dieta ipocalorica tradizionale

Insieme alla primavera (e alla prova costume dietro l’angolo) tornano anche i buoni propositi alimentari. E con loro una valanga di consigli e di approcci proposti per dimagrire. In questo contesto c’è una strategia che da anni si è ritagliata un posto fisso nel panorama delle diete: il digiuno intermittente. Più che una moda passeggera, è diventato l’alternativa più popolare alla classica dieta ipocalorica, con la quale viene messa a confronto (vedi questo post che tratta l'argomento).

In linea generale per digiuno intermittente si intende un modello alimentare che alterna periodi di digiuno (o di forte restrizione calorica) a periodi in cui si mangia normalmente. Le principali varianti sono:

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– Il Time-Restricted Eating (TRE): si mangia ogni giorno ma all’interno di una finestra ristretta. La più nota è la 16:8, ossia 16 ore di digiuno e 8 ore nelle quali concentrare i pasti.

Il digiuno intermittente vero e proprio: si limita fortemente l’apporto calorico in determinati giorni della settimana, mentre negli altri si mangia normalmente. Una delle prime diete di questo tipo ad avere successo è stata la 5:2, basata su 5 giorni liberi e 2 di quasi digiuno.
In questa categoria rientra anche la cosiddetta “dieta mima-digiuno”, che prevede alcuni giorni al mese con un’alimentazione decisamente ipocalorica e specificamente studiata per simulare gli effetti del digiuno vero e proprio, ma è un approccio nato più con obiettivi terapeutici e preventivi che dimagranti.

Ed è proprio nel gruppo delle diete intermittenti settimanali, e in particolare dello schema 4:3 (ossia tre giorni di semi-digiuno e quattro giorni liberi) che si è concentrato un nuovo studio appena pubblicato su Annals of Internal Medicine e che ha destato un certo interesse.

Lo studio in breve

Condotto dalla University of Colorado School of Medicine, lo studio, dalla durata di un anno, ha coinvolto 165 adulti con sovrappeso o obesità. I partecipanti sono stati suddivisi in due gruppi. Il primo gruppo ha seguito lo schema 4:3, limitando l’apporto calorico a 400-700 kcal per tre giorni alla settimana (non consecutivi) e mangiando liberamente negli altri quattro.
Il secondo gruppo ha seguito una classica dieta ipocalorica, con un ridotto apporto di energia quotidiano, in modo però da avere lo stesso deficit calorico settimanale del primo gruppo (circa il 34 per cento). Entrambi i gruppi hanno ricevuto un supporto comportamentale completo: incontri con dietisti, accesso a un centro fitness, educazione alimentare e attività fisica. 

Quali i risultati principali?

Alla fine della sperimentazione, il gruppo 4:3 aveva perso in media il 7,6 per cento del peso corporeo, contro il 5 per cento del gruppo della dieta ipocalorica standard. Inoltre, nel gruppo 4:3, il 58 per cento aveva raggiunto almeno il 5 per cento di perdita di peso, contro il 47 per cento dell’altro gruppo. Sebbene un dimagramento del 5 per cento possa sembrare piccolo, in realtà non lo è in quanto associato a benefici clinici come miglioramenti della pressione arteriosa, della glicemia a digiuno, dell’emoglobina glicata (un parametro legato al controllo della glicemia) e del colesterolo totale.

Ma non è solo una questione di numeri: “È stato sorprendente vedere che il digiuno intermittente funzionava meglio”, ha commentato la dottoressa Victoria Catenacci, endocrinologa e co-autrice dello studio, nell’articolo universitario che presenta lo studio. “È una strategia basata su evidenze scientifiche che può risultare efficace anche per chi ha trovato difficile seguire una dieta ipocalorica classica”.

Più facile per chi è stanco delle diete

In effetti, uno dei plus principali del digiuno intermittente è che molti lo trovano più semplice da seguire. E anche nello studio in questione, solo il 19 per cento dei partecipanti ha abbandonato il protocollo 4:3, una notevole differenza con il 30 per cento di abbandoni dell'altro gruppo. Specie chi è obeso o sovrappeso, e quindi è da sempre in lotta con la bilancia, non doversi occupare delle calorie, e non sentirsi perennemente a dieta, risulta senz’altro più attraente.

“La dieta 4:3 sembra un buon compromesso: abbastanza flessibile da poter essere gestita nella vita di tutti i giorni, ma abbastanza incisiva da produrre risultati”, sottolinea Danielle Ostendorf, co-autrice dello studio.

Gli autori dello studio stanno ora analizzando campioni biologici dei partecipanti per capire se il 4:3 porti anche benefici metabolici più profondi, legati al microbiota intestinale o agli ormoni regolatori dell’appetito.

In conclusione, oggi lo schema 4:3 può rappresentare un’opzione in più, soprattutto per chi ha già fallito con altri approcci dietetici.  Una scelta che, comunque, richiede impegno, costanza e la presenza dello specialista dietologo. Insomma, non è certo una dieta fai da te e non è per tutti. Non va dimenticato che il digiuno intermittente può mettere a rischio la salute di varie categorie di persone con particolari patologie o fasi della vita.

Digiuno intermittente settimanale: meglio della dieta? - Ultima modifica: 2025-04-14T08:00:36+02:00 da Barbara Asprea

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