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Frutta da spalmare: ecco come scegliere una buona confettura

confettura
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Le confetture sono sempre più apprezzare: ma anche difficili da scegliere! Senza zucchero, con il 200% di frutta, con pectina e non: sono tante le perplessità che spesso assalgono il consumatore di fronte allo scaffale ricco di golosità. Come sempre la verità sta in etichetta, ma bisogna saper leggere tra le righe. Ecco qualche consiglio

Quante novità sullo scaffale delle confetture! E non parliamo solo dei tanti nuovi gusti, spesso esotici (come ananas e lime) o quelli che propongono abbinamenti insoliti tra frutta e ortaggi (come mele e patate), spezie (come castagne e vaniglia) o ingredienti golosi (come le fave di cacao). E nemmeno delle nuove confezioni “parlanti”, perché dotate di un QR code che racconta tutto quello che c’è dietro il prodotto. A cambiare sono state, soprattutto, le formulazioni, sia nella scelta della qualità degli ingredienti sia nelle tecniche di lavorazione utilizzate.

Sempre più ricche

L’attenzione dei consumatori per prodotti con più abbondanza di frutta, di maggior qualità e anche più orientati al salutismo, ha fatto sì che oggi si possano trovare in commercio molte più confetture realizzate con sola frutta italiana (a volte Igp o di provenienza regionale, indicata in etichetta), derivante da agricoltura biologica, con ricette “corte” e un posizionamento premium, cioè come prodotto di grande qualità. Quelle che, proprio per l’alto contenuto di frutta, in etichetta sono definite “composte” oppure “preparazioni a base di frutta”. Spesso non risulta necessaria l’aggiunta di pectina o altri ingredienti che servono da addensanti.

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Nella produzione, in genere non si tratta di frutti appena colti, perché sarebbe troppo vincolante per le aziende di confetture che dovrebbero concentrare la produzione in pochi mesi. Quindi spesso viene usata frutta congelata oppure pastorizzata, conservabile a lungo.

Conservazione high tech

La tendenza a creare prodotti d’eccellenza ha portato anche a utilizzare tecnologie innovative per aumentare la conservabilità senza intaccare troppo il valore nutritivo dei prodotti. Come la sterilizzazione a bassa temperatura, sotto argon o azoto.

Alternative più tradizionali sono la concentrazione per evaporazione (ovvero la lunga cottura) e la cottura sottovuoto a bassa temperatura, che consentono di ottenere confetture cremose, non gelificate e che arrivano ad avere il 200% di frutta sul prodotto finito (a causa della grande perdita d’acqua inizialmente presente all’interno della frutta). Più aumenta la cottura, però, maggiori sono le perdite di vitamine e sostanze antiossidanti.

Non solo zucchero

Oltre alla frutta, l’altro ingrediente di base delle confetture è lo zucchero. Anche su questo fronte sono tante le novità. I prodotti con nuove formulazioni si caratterizzano per l’uso di zuccheri alternativi, come il succo d’uva o di mela, il maltitolo o lo sciroppo di manioca.

Nelle versioni che si presentano come più “leggere” vengono usati dolcificanti naturali alternativi a zero calorie, come stevia o eritritolo, che abbassano il contenuto calorico dei prodotti ma costringono a ricorrere ad alcuni additivi, come gli stabilizzanti, in quanto questi dolcificanti non hanno le caratteristiche addensanti degli zuccheri.

In parallelo, alcuni produttori puntano sull’uso di miele, sfruttando anche la grande varietà delle produzioni italiane per abbinare a ogni tipologia di frutta il miele monofloreale che ne esalta maggiormente il sapore.

Le dimensioni dei vasetti

In una scelta d’acquisto consapevole giocano un ruolo importante anche le confezioni in cui sono vendute le confetture. Sia per ragioni d’impatto ambientale sia per motivi di sicurezza e di lotta allo spreco. I vasi in vetro più grandi, spesso più convenienti come prezzo al chilo, possono rappresentare un limite per le famiglie meno numerose o per chi consuma saltuariamente le confetture visto che, se tenute aperte a lungo (anche se conservate in frigorifero), si degradano e arrivano anche ad ammuffire. Ecco perché i produttori si sono orientati verso i vasetti più piccoli (da 200-300 grammi di conserva), che sono sufficienti per famiglie poco numerose o per consumi ridotti, hanno un prezzo abbordabile e consentono di variare più spesso le tipologie, lasciandosi stuzzicare dalle tante proposte che si trovano sullo scaffale.

Confettura o marmellata?

La confusione sulla nomenclatura è sempre dietro l’angolo ma il decreto legislativo del 2004 sancisce la distinzione ufficiale tra questi prodotti.

La confettura si ottiene da acqua, zuccheri e polpa e/o purea di una o più varietà di frutta, con l’esclusione degli agrumi che devono invece essere interi o affettati. Se in etichetta c’è scritto confettura significa che la frutta rappresenta almeno il 35% del prodotto finito mentre se è indicato confettura extra la percentuale sale al 45%, per la maggior parte dei tipi di frutta.

Per marmellata, invece, si intendono solo i prodotti ottenuti da acqua, zuccheri e agrumi, stavolta sotto forma di purea, polpa, succhi, estratti e scorza. La frutta deve essere presente per almeno il 20% sul prodotto finito.

Gli zuccheri aggiunti a confetture e marmellate possono essere, oltre al normale zucchero bianco: lo sciroppo di fruttosio, lo zucchero grezzo e quello di canna, gli zuccheri estratti dalla frutta e lo zucchero bruno (cioè aggiunto di melassa). Quello estratto dall’uva può essere indicato in etichetta come “zucchero d’uva”.

Tutte le preparazioni che escono da queste definizioni, perché, ad esempio, non contengono zuccheri, avranno denominazioni diverse, da “composta” a “preparazione a base di frutta”.

Frutta da spalmare: ecco come scegliere una buona confettura - Ultima modifica: 2022-01-25T08:00:59+01:00 da Sabina Tavolieri

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