cibo e ossa
Osteoporosi: solo una questione di età?

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A una certa età diventiamo tutti osteoporotici? La risposta è no, anche se spesso i valori di riferimento indicano uno stato patologico. Perché? E cosa serve realmente alle ossa per mantenere una buona struttura nel tempo? Ne parliamo con il dottor Luca Speciani, medico chirurgo ideatore della Medicina di Segnale

Una domanda negli ultimi anni sorge spontanea: siamo diventati tutti osteopenici o osteoporotici? Sembrerebbe di sì, osservando le MOC, le mineralometrie ossee computerizzate che vengono eseguite proprio per valutare la densità minerale delle ossa. Se il risultato di questi esami si trova nell’area gialla o addirittura rossa, inevitabilmente l’ortopedico prescriverà tre farmaci: vitamina D, calcio e i famigerati alendronati dai controversi effetti collaterali (uno fra i tanti, la famosa osteonecrosi mandibolare). L’equivoco è quello di comunicare al paziente il punteggio di questo esame diagnostico in termini di T-score (cioè punteggio confrontato a un paziente diciottenne nel pieno della sua durezza ossea) invece che in termini di Z-score (punteggio confrontato con la durezza di un individuo di pari età). È chiaro che più il paziente è avanti con l’età e più il divario dal diciottenne sarà forte, ma per motivi fisiologici, non patologici! L’osso sano, invecchiando, perde durezza e aumenta la sua porosità, ma resta sempre un osso sano. Pretenderlo uguale a quello di un diciottenne sarebbe come pretendere che la pelle di un anziano sia uguale a quella di un adolescente, e dichiarare malato chi quella pelle non ha. La realtà è che spesso le nostra ossa non sono malate ma hanno semplicemente la loro età.

3 requisiti fondamentali

La salute dell’osso non passa dagli alendronati, né dal carbonato di calcio (che è né più né meno il calcare della lavatrice, destinato quindi solo a generare calcoli, renella e infiammazione), ma - come ben documentato da numerosi lavori scientifici - da tre fattori fondamentali: una corretta produzione di vitamina D, una regolare e adeguata attività fisica, un’alimentazione normocalorica e normoproteica.

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Tutto parte dalla leptina

L’alimentazione è assolutamente fondamentale per mantenere ossa e muscoli sani. Non è un caso che persone come le anoressiche o gli anziani con un malassorbimento intestinale siano tra i più colpiti dall’osteoporosi. Questo perché l’asse ormonale della costruzione ossea e muscolare parte dalla leptina (un’importante adipochina di segnale, ormone prodotto dal tessuto adiposo che regola il senso di sazietà) e la carenza calorica o proteica va a disincentivare la costruzione di massa ossea. L’asse che regola la densità ossea è quello leptina-ipotalamo-ipofisi-GH-IGF1, il che significa che l’abbondanza calorica e proteica favorisce l’accumulo di massa ossea. Questo fatto ha antiche radici evolutive. Un organismo sottonutrito non può permettersi di avere muscoli da Hulk né ossa durissime. Tenderà al contrario a depotenziare gradualmente entrambe le strutture che sono infatti modellate da un unico ormone, il GH (ormone della crescita).

Cibo e ossa: qual è il legame?

Il nostro equilibrio osseo è strettamente influenzato da ciò che assumiamo nei tre pasti quotidiani. L’osso si impoverisce quando l’azione delle cellule costruttrici (osteoblasti) diventa inferiore a quella delle cellule deputate alla rimozione e al rimodellamento osseo (osteoclasti). Queste cellule specializzate non vivono isolate ma condividono con le altre cellule dell’organismo i segnali generali che il corpo stesso produce, costituendo con esse un’intima unità che non può essere separata. Diventa dunque importante capire che è priva di senso l’insistenza sul ripristino di un singolo fattore (la quantità di calcio assorbita) se contemporaneamente non si lavora anche su altri parametri di riequilibrio, quali: una corretta assunzione calorica quotidiana (un’anoressica è osteoporotica anche se ha 18 anni!); un contemporaneo equilibrio del fosforo e degli altri minerali connessi con la densità ossea (sodio, zinco, silicio, magnesio); un adeguato apporto vitaminico (vitamine C e D); un controllo dell’infiammazione, degli stati allergici e delle intolleranze; un controllo del grasso corporeo in eccesso; un adeguato funzionamento delle ghiandole paratiroidiIl primo punto a cui prestare attenzione è quindi senza dubbio il controllo della giusta quantità di calorie assunte quotidianamente. Al di là di qualunque suddivisione percentuale tra nutrienti, se non si raggiunge la quantità di calorie di cui il corpo ha ogni giorno bisogno, l’organismo riceve un segnale di blocco delle funzioni di costruzione di osso e muscolo. In altre parole, se non si mangia non c’è verso: l’ipotalamo segnala all’ipofisi di non stimolare in alcun modo la crescita ossea e muscolare. Pertanto, benché sia ormai divenuto obsoleto il calcolo delle calorie in ambito nutrizionale, è sempre opportuno fare una valutazione quantitativa “minima” (soprattutto attraverso l’eventuale sensazione di fame) per non cadere nell’errore di una nutrizione insufficiente.

Difesa evolutiva, la risposta alle carestie

Questa funzione di autodifesa è un’eredità dei nostri antenati del paleolitico, che hanno dovuto imparare a sopravvivere in un ambiente dove le carestie erano all’ordine del giorno e dove l’unica difesa alla carenza di cibo era quella di rallentare i propri ritmi metabolici abbassando i consumi. Uno dei mezzi più semplici per realizzare questo era ridurre l’incremento di massa muscolare che prevede, attenzione, lo stesso mediatore della massa ossea (il GH o ormone della crescita). Se si mangia meno del dovuto, l’ipotalamo manda un segnale all’ipofisi per inibire la produzione di GH, così da ottenere un rallentamento della nuova produzione di muscolo e osso. Se proviamo a somministrare a una persona che soffre di anoressia (o a un individuo che segua da mesi una severa dieta ipocalorica) dei concentrati proteici (nella speranza di fare muscolo) o dosi massicce di calcio (per fare osso) non otterremo alcunché. Finché un corretto segnale leptinico non andrà a sbloccare lo stop ipotalamico alla crescita, il risultato sarà zero. Il sangue di questi individui potrà infatti essere pieno di calcio, ma in quella situazione non sarà in grado di depositarne a sufficienza nelle ossa finché l’ipotalamo non darà il suo benestare. Se tuttavia nel paziente coesistono situazioni di blocco metabolico legate a obesità, insufficienza epatica o renale, o stati infiammatori elevati, la sola attenzione all’apporto calorico non porterà risultati. Servirà prima affrontare il problema metabolico e poi occuparsi del segnale leptinico. Sembra semplice da capire, eppure è ancora molto diffusa l'idea che il solo apporto di calcio sia la via più diretta per ripristinare la densità ossea perduta.

Controllare l'infiammazione

Un fattore che può influenzare fortemente la perdita di densità ossea è il livello infiammatorio generale dell’organismo. Il danno si basa sull’azione combinata di due fattori: la liberazione di proteasi e di altri enzimi in grado di indebolire la matrice ossea e il reclutamento in loco di cellule fagocitiche, in special modo osteoclasti. Queste cellule sono a tutti gli effetti dei macrofagi, ovvero strutture specializzate nella rimozione di residui e “rifiuti” e sono sensibili al richiamo delle citochine pro-infiammatorie. In altre parole, se i tessuti sono infiammati, il numero di osteoclasti richiamati in loco può superare di gran lunga quello degli osteoblasti (costruttori) abitualmente presenti, generando squilibrio. I punti chiave che devono orientare l’alimentazione di chi ha problemi di osteoporosi non devono quindi essere rivolti alla ricerca dei cibi contenenti tanto calcio, ma piuttosto, per tutto ciò che abbiamo descritto finora, a tre fattori fondamentali:

- Controllo delle calorie complessive assunte, per evitare malnutrizioni o sottonutrizioni di ogni genere.

- Controllo dei picchi insulinici scatenati da sovradosaggi di zuccheri semplici, per l’effetto infiammatorio che questi producono.

- Corretto stimolo dei segnali leptinici provenienti dalle cellule adipose, in grado di stimolare la produzione di GH (ormone della crescita) attraverso la mediazione ipotalamo-ipofisaria.

In sintesi...

I ladri di densità ossea si chiamano digiuno non controllato, sedentarietà e infiammazione. Gli amici dell’osso invece sono l’abbondanza calorica e proteica, il movimento fisico, il sole (vitamina D), frutta e verdura fresche (vitamina C) e il calcio in forma organica. Ovvero: se viviamo una vita serena e normale, senza diete non basate su evidenze scientifiche comprovate, nel rispetto delle nostre attitudini naturali, al sole invece che dietro lo schermo di un computer, avremo ossa forti e zero bisogno di farmaci. Già lo sapevamo, direte voi. Ma repetita iuvant. Troppe persone ancora pensano che l’osteoporosi sia una condanna e che con dei farmaci il problema si possa risolvere. Il recupero delle nostre modalità di vita naturale (buon cibo, luce solare, movimento) resta il farmaco più potente per la salute delle nostre ossa.

Attenzione a questi farmaci

Diversi farmaci possono generare grave osteoporosi e danno articolare e cartilagineo. Tra questi, il tamoxifene e in genere gli inibitori degli estrogeni, dosi inutili o eccessive di ormone tiroideo oppure terapie a base di cortisonici. Il medico di segnale dovrà cercare di deprescrivere quanto più possibile questi farmaci, rifiutando anche la somministrazione di alendronati, la cui azione di blocco dell’attività osteoclastica può gravemente squilibrare la struttura naturale dell’osso.

Alimenti che fanno osso

È ormai chiaro che non è solo con l’alimentazione che si può intervenire per migliorare lo stato di salute delle nostre ossa. Anche attività fisica e controllo dell’infiammazione devono essere messi in campo. Detto questo, quali sono gli alimenti più indicati per “fare osso”? Via libera agli alimenti ricchi di calcio in forma organica (dimentichiamoci, per favore, quello minerale): i latticini; tutti i cereali integrali (ma integrali veri, non quelli con un po’ di crusca aggiunta); i semi oleosi sia classici (noci, mandorle, nocciole, pinoli) sia quelli più piccoli con cui arricchire yogurt, muesli e minestre, come i semi di lino, di girasole, di sesamo, di chia. Questi ultimi in particolare sono molto ricchi di calcio in forma organica e possono comodamente essere aggiunti in qualunque preparazione (nel pane, nelle torte, nei muesli) o utilizzati come addensante con i semi di lino per la preparazione di marmellate naturali o budini privi di zuccheri aggiunti.

Letture

Vi segnaliamo il libro Basi cliniche di medicina di segnale di Luca Speciani: il volume è stato scritto da alcuni tra i migliori medici di segnale già operanti in Italia e individua le peculiarità dell’approccio operativo di segnale in tutte le patologie più importanti: diabetemalattie cardiovascolari, ipotiroidismo, osteoporosi, allergie, malattie infettive ecc. Questo libro è stato realizzato grazie anche al contributo di molti medici e professionisti della salute che hanno cercato di trasferire qui la loro esperienza clinica di segnale.

Osteoporosi: solo una questione di età? - Ultima modifica: 2024-09-23T08:06:58+02:00 da Sabina Tavolieri

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