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Quale è il valore di un piatto? A questa domanda a mio avviso importante è necessario rispondere valutando molteplici aspetti soprattutto per chi crede nell’intreccio intimo tra cucina, salute, etica, cultura, socialità e ambiente e non si limita alla sola considerazione “mi piace – non mi piace”!

Il valore di un piatto non può fermarsi alle sole apparenze e neanche alla sua degustazione pura, si tratta di una preparazione frutto di diverse componenti e la qualità complessiva è direttamente influenzata da quali e come queste componenti sono state usate.

Se rimaniamo ad esempio nel campo del biologico al di la delle opinioni personali rimane indubbio che il valore di un piatto realizzato con materie prime biologiche ha già di per se una dimensione diversa, dentro c’è il rispetto dell’ambiente, l’amore della terra che ha donato il prodotto, l’attenzione alle colture, l’obbiettivo o per lo meno il tentativo di portare agli altri gli alimenti più sani possibili.

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Se poi si ricorre a un criterio di stagionalità, si utilizzano tecniche di cottura poco impattanti sulle componenti nutrizionali, non si altera la composizione con l’aggiunta di sostanze diciamo “facilitanti” alcuni processi di trasformazione, non si esagera con le quantità di grassi utilizzati il valore di un piatto assume sempre più una migliore fisionomia complessiva.

In questo quadro anche aggiungere o togliere ha significato, se nella composizione del piatto aggiungo dei semi oleosi questi non solo hanno un ruolo di miglioramento sulla piacevolezza finale o comunque di diversificazione, ma portano in dote sostanze estremamente preziose per la salute di chi andrà a consumarle.

E questa è una considerazione importante perché se per pregiudizio o preferenze personali diamo subito istintivamente un giudizio negativo nel momento in cui vediamo dei semi oleosi in una composizione alimentare di cucina alteriamo già in partenza e in maniera ingiustificata il valore del piatto che stiamo esaminando.

E questo vale non solo per i semi oleosi ovviamente, qualsiasi componente e qualsiasi combinazione che ne deriva può avere una giustificazione ben più nobile di quelle che le considerazioni personali possono portare sommariamente a giudicare.

Togliere è ugualmente importante e spesso non è solo un togliere relativo a uno o più ingredienti, quanto un togliere passaggi e sostanze non realmente necessari: evitare un soffritto, l’aggiunta non necessaria di sale, gli eccessi nei tempi di cottura, le conservazioni spinte all’estremo, l’esposizione inutile all’aria e la conseguente ossidazione.

Nessuno nega che è poi l’assaggio finale del piatto il momento di verità rispetto al suo gradimento perché è indubbio che deve generare piacere in chi lo consuma e ognuno di noi percepisce sapori, aromi, profumi, consistenze e retrogusti in maniera diversa.

Ma l’assaggio e il gradimento è cosa diversa dal valore di un piatto, questo soprattutto per chi ha a cuore e crede nell’intreccio intimo tra cucina, salute, etica, cultura, socialità e ambiente.

Da questo punto di vista valutare un piatto è un atto complesso non semplicistico o per lo meno richiede un impegno maggiore dal solo dire “mi piace – non mi piace”, a mio parere però è un impegno ben ripagato dalla consapevolezza maggiore di quello che si sta consumando a tavola!

Il valore di un piatto - Ultima modifica: 2021-01-07T11:10:04+01:00 da Giuseppe Capano

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