Novità dalla ricerca
Liquirizia: buona ma poca

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Amica della linea e dello stomaco ma meno della pressione. Secondo uno studio svedese appena pubblicato, anche piccole dosi di liquirizia fino a oggi considerate sicure sono in grado di aumentare i valori pressori, addirittura stressando un po’ il cuore in una percentuale di persone più sensibili

Tra chi soffre di cali di pressione, c’è chi con l’arrivo del caldo tiene in tasca una scatolina di confetti di liquirizia pura per tirarsi un po’ su quando serve. Non è certo una novità che la liquirizia, grazie alla glicirrizina (chiamata anche acido glicirrizico) eserciti un leggero rialzo leggero pressorio influenzando l’equilibrio dei liquidi nel corpo. E venga perciò consigliata come rimedio temporaneo per i cali di pressione estivi (vedi questo post su cosa mangiare se per il caldo si ha la pressione sotto i tacchi).

Ma oltre a questa nota azione, la liquirizia viene consigliata anche per le sue proprietà antinfiammatorie a antibatteriche, ad esempio a livello orale e gastrico. Non solo: mordicchiare un acalorico bastoncino di liquirizia – i tipici tronchetti legnosi che si vendono in erboristeria – può diventare una piccola strategia antipeso che aiuta a contrastare gli attacchi di fame nervosa, specie quando si è a dieta. L’importante, però, e non esagerare con le quantità e la frequenza perché la pressione alta è un fattore di rischio per le malattie cardiovascolari, come raccomandano gli autori di questo studio clinico da poco pubblicato sull'American Journal of Clinical Nutrition.

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La ricerca in breve

I ricercatori della svedese Università di Linköping sono partiti dal fatto che sia l’Unione Europea che l’Organizzazione Mondiale della Sanità hanno concluso che 100 mg di acido glicirrizico al giorno è una dose sicura per la maggior parte delle persone. Tuttavia, secondo gli studiosi non è raro che le persone superino questa quantità, ad esempio si è stimato che il 5 per cento degli svedesi oltrepassi il livello consigliato.

Nello studio in questione si è cercato di verificare se la dose indicata come sicura lo fosse effettivamente oppure no. Un dato non facilissimo da ricavare perché - come è facile capire leggendo l’etichetta nutrizionale di un pacchetto di liquirizia - la concentrazione di questa sostanza varia tantissimo e in più la quantità effettiva di glicirrizina non viene indicata. Lo studio svedese è stato il primo a misurare con precisione la quantità di questo principio attivo nella liquirizia testata sui volontari.

Ecco come è andata. Sono state reclutate 28 persone, sia donne che uomini, con un’età che andava dai 18 ai 30 anni. Poi sono stati divisi in modo casuale in due gruppi: quello di intervento e quello di controllo. Al primo è stato chiesto di consumare quotidianamente 3,3 g di liquirizia che contenevano 100 mg di glicirrizina (ossia la quantità quotidiana ritenuta sicura per la maggioranza delle persone). Al secondo gruppo è stata chiesta la stessa cosa ma invece della liquirizia è stato somministrato un placebo con il sapore di liquirizia. Passata questa prima fase, c’è stata una pausa di due settimane e poi si è ripetuto l’esperimento in modo incrociato: dando il placebo a chi aveva mangiato liquirizia e viceversa. A tutti partecipanti durante lo studio è stato chiesto di misurarsi la pressione sanguigna ogni giorno. Alla fine di ogni fase, i ricercatori hanno misurato nei volontari i livelli di vari ormoni nel sangue collegati alla pressione, all’equilibrio salino e al carico di lavoro cardiaco.

I risultati principali

“Nello studio, abbiamo scoperto che l’assunzione giornaliera di liquirizia contenente 100 mg di acido glicirrizico aumentava la pressione sanguigna nei giovani sani. Ciò non era mai stato dimostrato in precedenza per quantità così piccole”, afferma l’autore Peder af Geijerstam nell’articolo di presentazione dell’università svedese.

In effetti, quando i volontari mangiavano liquirizia, la loro pressione sanguigna aumentava in media di 3,1 mmHg. Coerentemente con questo dato sono stati osservati dei cambiamenti negli ormoni renina e aldosterone che regolano l'equilibrio dei liquidi corporei e i cui livelli diminuivano durante il consumo di liquirizia. Tra l’altro, i ricercatori hanno evidenziato che ben un quarto dei partecipanti allo studio era più sensibile all’effetto della liquirizia. Per costoro i livelli di renina e aldosterone diminuivano maggiormente rispetto agli altri, tanto che c’è stato anche chi ha guadagnato leggermente di peso, molto probabilmente a causa di una maggiore quantità di liquidi nel corpo. Questo gruppo di persone “vulnerabili” aveva anche livelli elevati di una proteina (NT-proBNP) che il cuore produce quando ha bisogno di lavorare di più per pompare il sangue nel corpo, e che indica una condizione di stress cardiaco. Ciò suggerisce che la liquirizia in queste persone provocava un aumento del volume dei liquidi e del carico di lavoro cardiaco. "I nostri risultati danno motivo di essere più cauti quando si tratta di raccomandazioni ed etichettature per gli alimenti contenenti liquirizia", conclude Fredrik Nyström, responsabile dello studio.

In attesa che l’etichettatura dei prodotti contenenti liquirizia diventi ancora più trasparente (comunque anche ora è facile capire quali contengano più liquirizia) il suggerimento è quello di non esagerare con i dosaggi e, in caso di dubbi, di affidarsi ai consigli di un esperto, a partire dall’erborista di fiducia.

Liquirizia: buona ma poca - Ultima modifica: 2024-04-01T08:00:24+02:00 da Barbara Asprea

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