Conosciuta più come metodo per dimagrire che terapeutico, la dieta low carb – ossia con un apporto inferiore di carboidrati rispetto alle linee guida di sana alimentazione – seguita per qualche mese potrebbe rivelarsi efficace, almeno nel breve periodo, sia per il trattamento che per la prevenzione del diabete di tipo 2, la forma più diffusa. C’è, infatti, uno stadio chiamato comunemente prediabete o, meglio, intolleranza glucidica, che può durare qualche anno e che, per fortuna, può anche essere reversibile correggendo le abitudini di vita, il peso e, ovviamente, l’alimentazione.
Già lo scorso anno una metanalisi pubblicata sul British Medical Journal aveva evidenziato, dopo sei mesi di low-carb, una maggiore remissione dal diabete rispetto ad altri approcci dietetici, nonché buoni risultati in termini di dimagramento, trigliceridi, resistenza all’insulina e senza effetti collaterali. Va ricordato che la metanalisi è una tecnica statistica nella quale si aggregano i risultati di diversi studi su uno specifico argomento e se ne traggono delle conclusioni statisticamente valide. Insomma uno studio sugli studi, non una semplice raccolta di dati.
Tuttavia, a distanza di un anno di trattamento cominciavano a mostrarsi alcuni effetti poco positivi, a partire dalla scarsa soddisfazione alimentare data da questa dieta ma anche a livello di efficacia, di sicurezza e grassi nel sangue.
Un valore da far scendere
Arrivando a oggi, è da segnalare questo studio dell’americana Tulane University di New Orleans appena pubblicato su JAMA Network Open e che ha avuto lo scopo di testare direttamente sulle persone l’efficacia delle low carb sul controllo della glicemia. In particolare, l’obiettivo era quello di capire se questo approccio dietetico da solo (cioè senza il sostegno di una terapia farmacologico) dopo sei mesi era in grado di ridurre i valori ematici dell’emoglobina glicata (HbA1c) che rappresenta la concentrazione media della glicemia negli ultimi 3-4 mesi.
Il team di ricercatori ha reclutato 150 persone con prediabete o diabete e che non stavano assumendo alcuna terapia per il controllo della glicemia. I volontari sono stati divisi in due gruppi. Al primo è stato assegnato a una dieta a basso contenuto di carboidrati, mentre il secondo (il gruppo di controllo) non ha dovuto cambiare l’alimentazione. Per i primi tre mesi dello studi la low carb prevedeva un apporto massimo di 40 g di carboidrati al giorno, mentre nei restanti tre mesi l’apporto poteva arrivare fino ai 60 grammi giornalieri, con il consiglio però di restare più bassi. Va detto che i grassi, che costituivano circa la metà delle calorie della low carb, erano per lo più i salutari grassi monoinsaturi e polinsaturi provenienti da alimenti come olio d'oliva e frutta a guscio.
Alla fine del periodo, l’emoglobina glicata è risultata minore in modo statisticamente significativo nei partecipanti del gruppo “low carb” rispetto al gruppo di controllo. Inoltre il primo gruppo ha avuto anche un calo di peso – sebbene non fosse un obiettivo dello studio – e una diminuzione dei valori della glicemia a digiuno.
"Il messaggio chiave è che una dieta a basso contenuto di carboidrati, se mantenuta, potrebbe essere un approccio utile per prevenire e curare il diabete di tipo 2, sebbene siano necessarie ulteriori ricerche", ha affermato l'autrice principale dello studio, Kirsten Dorans. Insomma, sebbene resti da valutare se l’efficacia della riduzione dei carboidrati sia un sistema valido sul lungo termine, i risultati di questo studio possono comunque risultare interessanti per trattare soltanto con la dieta e senza farmaci un’emoglobina glicata superiore al normale ma, per fortuna, ancora non troppo.