Dagli USA con sapore
Ketchup: dentro l’etichetta

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La sfilata rossa di bottiglie o flaconi squeeze attira sicuramente l’occhio e rende più facile la ricerca di questa salsa dall’impronta americana, che innegabilmente ha conquistato anche molti palati italiani. Un condimento interessante, per chi lo sa scegliere

A elaborare la ricetta del ketchup che oggi va per la maggiore fu Henry Heinz della famosa fabbrica USA, a fine ‘800. Gli ingredienti? Pomodori, aceto, zucchero, spezie, cipolle. Si tratta quindi di una salsa agrodolce, oggi spesso considerata poco salutare perché associata di frequente a junk food come hamburger e patatine.

Eppure, il ketchup in sé non è poi così disdicevole. Moderatamente calorico e in genere privo di glutine (verificare comunque l’etichetta), diversamente dalla maionese e da altri condimenti di solito non contiene grassi e questi, se presenti, non sono comunque preponderanti. Il suo principale ingrediente è invece il pomodoro (fresco, concentrato o semiconcentrato), ortaggio dai tanti nutrienti: betacarotene, fibre, potassio e, soprattutto, licopene, prezioso antiossidante ben assimilabile grazie alla cottura.

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L’ideale è che l’etichetta ne precisi l’origine (qualcuno dichiara 100% italiano, ma non sempre ci sono indicazioni a proposito), la cottura lenta e delicata o il metodo di coltivazione, per esempio la produzione integrata.

Un altro ingrediente interessante sono le spezie, in genere noce moscata, zenzero e paprica.

Non mancano infine varianti alla ricetta classica, per offrire gusti diversi. Si trovano così ketchup al peperoncino, per chi ama il piccante; con l’aceto balsamico, di mele o di vino (questi ultimi preferibili all’aceto di alcol normalmente usato).

Il controllo dell’etichetta

Sale. È bene che non superi l’1%, ma a volte sfiora o supera il 2. Ci sono comunque anche prodotti a basso tenore di questo condimento.

Zucchero. Un buon ketchup è dolciastro per il gusto stesso del pomodoro, arrotondato da un po’ di zucchero – in genere bianco, ma di canna nel biologico. In ogni caso non deve mai essere troppo; l’ideale è che non superi il 10-15%. Come capirlo? Controllando l’etichetta nutrizionale, o verificando la posizione dello zucchero nell’elenco degli ingredienti. Qualcuno riesce a spostarlo in fondo alla lista ricorrendo al dolce delle mele, indubbiamente più naturale. Al posto dello zucchero si possono trovare dolcificanti come la saccarina o i glicosidi steviolici – estratti dalla stevia, ma meno naturali della pianta stessa.

Additivi. Si tratta di aromi sintetici, conservanti (di solito sorbato di potassio), esaltatori di sapidità come il glutammato di sodio (viene da chiedersi perché serva esaltare il sapore…) e addensanti come amidi o gomma di xantano. Di per sé non sono nocivi, ma un buon pomodoro maturo è sufficiente per ispessire il prodotto, grazie alla presenza di pectina. In ogni caso molte marche non usano additivi di alcun tipo.

Un po’ di ketchup non guasta!

Insomma, usato con moderazione e ben scelto, il ketchup può rivelarsi un condimento interessante. È infatti molto versatile e va ben oltre l’abusato accostamento con hamburger e patatine. Provatelo con i burger vegetali, con un piatto di verdure arrosto o alla griglia, con le uova in camicia, con un formaggio fresco di qualità, con una torta di verdure e con quant’altro vi suggerisce la fantasia.

 

 

Ketchup: dentro l’etichetta - Ultima modifica: 2019-12-11T09:06:26+01:00 da Sabina Tavolieri

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