Da dove si ricava?
Deriva dalla Cocos nucifera, una palma chiamata pianta della vita, per le molteplici potenzialità dei suoi frutti. La palma da cocco si diffonde spontaneamente tra la vegetazione delle aree geografiche con clima prevalentemente tropicale e sub tropicale. Le produzioni biologiche sostengono la biodiversità promuovendo coltivazioni che comprendono numerose altre piante tropicali tra cui ananas, banane, cacao, cannella e caffè. I progetti equo e solidali favoriscono i piccoli produttori, prevenendo la povertà, e sostengono percorsi territoriali di riqualificazione ambientale e di formazione.
Ne esistono in commercio qualità diverse?
L’olio industriale si ricava dalla polpa, grattugiata ed essiccata, che viene poi sottoposta a spremitura meccanica con l’ausilio di temperature elevate e di sostanze chimiche. Il ricavato viene usato, analogamente all’olio di palma, sia a scopi alimentari, sia come base per cosmetici, detergenti e altri prodotti. Diverso è il cosiddetto olio “vergine” di cocco biologico, che prevede la spremitura a temperatura ambiente della polpa, privata del guscio, senza il supporto di sostanze chimiche. Ne risulta un olio completamente naturale, che conserva a pieno tutte le qualità della materia prima.
Qual è il suo valore nutritivo
Pur essendo vegetale, l’olio di cocco contiene oltre l’80% di acidi grassi saturi. A distinguerlo dall’olio di palma è l’elevato contenuto di acido laurico, un acido grasso che, secondo alcune ricerche, ha proprietà antibatteriche e favorisce l’innalzamento delle Hdl (il cosiddetto “colesterolo buono”). Inoltre, sembra possedere un effetto protettivo sul sistema nervoso. Ma non mancano le critiche. Diversi ricercatori affermano che, un suo abuso, potrebbe innalzare le Ldl (il colesterolo “cattivo”) e avere altre conseguenze negative. Un consumo moderato è, come sempre, auspicabile.
Come viene utilizzato dalla cucina ayurvedica?
Per uso esterno, l’olio di cocco appartiene alla lista degli ingredienti “rasayana”, cioè che mantengono la giovinezza. Numerosi sono i suoi impieghi cosmetici. Di antica tradizione è anche l’utilizzo come detergente, protettivo e disinfiammante di denti e gengive. La pratica tradizionale prevede di metterne in bocca un cucchiaino al mattino, a digiuno, di lasciarlo sciogliere, quindi di farlo passare fra i denti per alcuni minuti e di eliminarlo senza inghiottirlo. Tutto ciò non esclude l’uso dello spazzolino.
Quali sono i suoi impieghi, in cucina e non solo?
Resistente al calore, l’olio di cocco è adatto alle fritture (che comunque è consigliabile ridurre) e si presta a sostituire il burro nei dolci al forno. La sua resa elevata, consente di utilizzarne circa il 40% in meno rispetto alle dosi raccomandate per gli altri condimenti. Crudo, può fungere da base per preparare miscele di spezie, da aggiungere in piccole quantità al cibo. Mescolandolo, per esempio, con curcuma e pepe nero, precedentemente cotti in pochissima acqua fino a ottenere una sorta di pasta, si ottiene il famoso golden milk (latte d’oro), miscela da aggiungere al latte, raccomandata dagli yogi per mantenere elastiche le articolazioni. Va usato con moderazione, alternandolo sempre all’olio extravergine d’oliva che, nella nostra area geografica, rappresenta il condimento d’elezione. Per uso esterno, l’olio di cocco è un buon detergente e nutriente per la pelle. Messo in posa sui capelli umidi per una mezz’ora, contribuisce a renderli lucenti e resistenti. Utilizzare quello biologico ed equo e solidale è consigliabile per qualsiasi impiego.