La prima reazione è di stupore: cosa c’entra il glutine con la pelle? In effetti a prima vista potrebbe sembrare strano che il composto proteico presente nel grano e in altri cereali possa essere la causa di un disturbo che colpisce prevalentemente la cute. Tuttavia tutto diventa più chiaro se parliamo della dermatite erpetiforme di Duhring, considerata una variante della malattia celiaca tanto da essere spesso definita come “la celiachia delle pelle”. Una condizione, perciò, che può presentarsi soltanto a chi è celiaco, sia diagnosticato che non. I soggetti affetti da dermatite o da celiachia devono necessariamente avere una predisposizione genetica (ossia una stretta associazione con il sistema degli antigeni di istocompatibilità HLA-DQ2 e DQ8). Perciò chi non presenta tali fattori genetici non può ammalarsi di queste patologie.
La pelle diventa il bersaglio
Se in genere sono i celiaci ad accorgersi di soffrire anche di dermatite erpetiforme, talvolta può accadere il contrario. C’è chi scopre di avere un problema con il glutine soltanto in seguito al manifestarsi di disturbi alla pelle e non per i sintomi intestinali. E in effetti, le alterazioni dell’intestino tenue in chi ha la dermatite erpetiforme possono variare di intensità ed estensione, risultando talvolta asintomatiche negli adulti. Se per la celiachia l’organo bersaglio è l’intestino tenue, nella dermatite erpetiforme questo diventa l’epidermide mentre l’intestino può venire coinvolto più o meno gravemente. In altre parole, gli anticorpi scatenati dalla reazione del sistema immunitario a seguito dell’ingestione di glutine, danneggiano per lo più le cellule della pelle. Può anche accadere che in alcuni soggetti la dermatite erpetiforme sia associata – al pari della celiachia - con altre patologie su base autoimmune come la tiroidite autoimmune, il diabete mellito di tipo 1, la sindrome di Sjogren e, meno frequentemente, con epatopatie, patologie renali, lupus eritematoso, vitiligine e psoriasi.
Una infiammazione molto particolare
Descritta per la prima volta nel 1884 dal dermatologo statunitense Louis Adolphus Duhring, tanto da venire battezzata con il nome del suo scopritore, la dermatite erpetiforme è una patologia infiammatoria caratterizzata dalla comparsa di un’eruzione cutanea bollosa fortemente pruriginosa e generalmente arrossata. Fa effetto sapere che l’esistenza di una correlazione tra questa dermatite e la celiachia è molto più recente e risale al finire degli anni ’60 del secolo scorso: ricerche scientifiche dell’epoca su gruppi familiari avevano scoperto che i familiari di una persona affetta da dermatite erpetiforme spesso sviluppavano a loro volta la malattia oppure erano celiaci. Ma come si presenta la “celiachia della pelle”? Tipicamente si formano grappoli di vesciche raggruppate in varie zone del corpo ma anche bollicine (che poi diventano croste) e macchie eritematose. A causa del forte prurito, se non bruciore, chi ne soffre si gratta al punto da causare non solo cicatrici permanenti ma anche sovrainfezioni batteriche che complicano ulteriormente la situazione.
Nella stragrande maggioranza dei casi, la zona colpita è quella del gomito e dell’avambraccio. Altri punti interessati sono i glutei e la parte anteriore delle ginocchia, le spalle e la regione lombare. Talvolta la dermatite erpetiforme colpisce anche il viso, le mani e il cuoio capelluto. Spesso capita che la malattia coinvolga parti simmetriche del corpo. Questa particolare dermatite è considerata una delle malattie rare della pelle: la sua incidenza nella popolazione è circa di un caso ogni 10mila. Piuttosto rara nei bambini e negli anziani, diventa più frequente nei giovani e negli adulti. Più precisamente i sintomi della dermatite si presentano più frequentemente nel periodo che va dai 20 ai 30 anni. Se la patologia non viene tempestivamente trattata, le lesioni cutanee possono permanere per lunghi periodi per poi scomparire e ripresentarsi periodicamente con un andamento cronico.
Una diagnosi non sempre facile
Purtroppo non sempre si arriva subito alla diagnosi corretta della dermatite erpetiforme, specialmente quando si presenta nei soggetti ancora non diagnosticati come celiaci. Spesso può venire confusa con altri tipi di infiammazione cutanea con sintomi simili. Nei bambini, ad esempio, sebbene si presenti raramente come già ricordato, può venire scambiata per la molto più frequente dermatite atopica. Negli adulti, invece, la sintomatologia può essere erroneamente interpretata come un’infezione da Herpes zoster. Normalmente per diagnosticare la dermatite erpetiforme si esegue una biopsia cutanea in modo da ricercare gli anticorpi responsabili della patologia, effettuando l’analisi su una piccola parte di tessuto cutaneo non interessato dai sintomi. Se si riscontra la presenza di anticorpi di tipo IgA, è molto probabile che il soggetto sia affetto dalla malattia. Talvolta, ci si può sottoporre a ulteriori test per individuare gli anticorpi tipici della celiachia come gli anti endomisio (EMA), gli anti gliadina (AGA) e gli anti transglutaminasi (TGA). A seguito dei risultati si può valutare se effettuare anche degli esami cosiddetti di secondo livello come i test genetici o la biopsia della mucosa intestinale per accertare, rispettivamente, il genotipo a rischio di celiachia o la presenza delle lesioni dovute al glutine.
La dieta viene affiancata da una terapia
Giacché questa particolare dermatite è considerata la manifestazione cutanea dell’intolleranza al glutine, è abbastanza intuitivo che anche il trattamento sarà molto simile e venga basato su un regime alimentare rigorosamente privo di glutine, l’unico in grado di portare a risoluzione completa le lesioni cutanee e di ripristinare la normalità della mucosa intestinale. Va però detto che nella maggior parte dei pazienti neodiagnosticati occorre molto tempo prima che l’alimentazione senza glutine porti alla scomparsa dei sintomi della dermatite. Tempi più lunghi di quelli che normalmente occorrono alla mucosa intestinale dei celiaci per tornare integra. Allo scopo di abbreviare l’attesa per la remissione, la dieta aglutinata viene spesso affiancata da una terapia farmacologica. La somministrazione di una corretta terapia (sia topica che per via sistemica) può far scomparire lo sfogo cutaneo nell’arco di una settimana, sebbene la dieta resti l’unica garanzia per evitare le manifestazioni della malattia anche a lungo termine. Secondo gli esperti, ci vogliono dai sei agli otto mesi per ridurre il dosaggio dei farmaci e in genere dopo due anni di dieta l’assunzione della terapia può essere sospesa del tutto.