Nell’Azienda Agricola BioBiò, l’attività principale è l’allevamento di una quarantina di bovini di razza Rendena, rustici e adatti a vivere all’aperto, ma non molto produttivi. Metà sono mucche che fanno 15-18 litri di latte al giorno mentre in convenzionale ne fanno 30-40. Gli altri bovini sono vitelli cresciuti per la carne. Ne parliamo con la titolare dell’Azienda, Sara Rizzardini
Di recente ha ricevuto la medaglia d'oro del IX premio Giuseppe Pastori 2013, conferito dalla fondazione Istituzioni Agrarie Raggruppate della Provincia di Brescia per la “dimostrazione da parte dell’unità famigliare di uno specifico interesse per la produzione di prodotti quali latte crudo biologico, formaggi e carni provenienti da animali bovini e caprini allevati con metodo biologico ancor prima della certificazione bio”. Stiamo parlando dell’Azienda Agricola BioBiò di Vobarno (Bs). I primi passi l’azienda li ha fatti sul finire dell’Ottocento. Per le prime tre generazioni, però, l’attività agricola non era il primo lavoro della famiglia. Sara Rizzardini, la quarta generazione, finiti gli studi di Scienze e tecnologie animali, ha assunto la titolarità dell’azienda e ne ha fatto la sua attività principale affiancata stabilmente dal padre e con l’aiuto saltuario di un fratello che studia ancora.
Cosa fate nella vostra azienda?
Siamo una piccola azienda e la nostra attività principale è l’allevamento di bovini di razza Rendena. Ne abbiamo una quarantina, metà sono da latte e metà sono vitelli che cresciamo per produrre carne. Abbiamo anche un piccolo gregge di capre Camosciate delle Alpi. Vendiamo sia latte fresco, di mucca e di capra, sia formaggi, anch’essi di mucca e di capra.
Oggi però con la sola attività strettamente agricola non ce la si fa a tirare avanti. Così, attorno all’allevamento e a suoi prodotti, abbiamo avviato altre attività: uno spaccio di prodotti biologici nel nostro paese, Vobarno; il lavoro come fattoria didattica per le scuole, ma non solo; infine, presto sarà attivo il nostro agriturismo con alloggi e ristorante.
Quando avete fatto la conversione all’agricoltura biologica?
Fra il 200 e il 2002, ma per noi non ha comportato grossi cambiamenti, eccetto naturalmente i controlli e la certificazione. Infatti, la posizione dell’azienda a Vobarno in provincia di Brescia, vicina al lago di Garda e al lago d'Idro, nascosta tra le Prealpi della Valle Sabbia, in un verde angolo sulle rive del fiume Chiese, è ottimale per offrire agli animali una vita sana e rispettosa delle loro esigenze. Come nelle altre zone di montagna, passare all’allevamento biologico è più facile.
Quali sono le differenze principali fra l’allevamento di mucche da latte in agricoltura biologica e in agricoltura convenzionale?
Le più importanti sono due: l’alimentazione e lo spazio a disposizione degli animali.
Per quanto riguarda lo spazio che hanno a disposizione quello previsto in stalla per l’allevamento biologico è maggiore che nel convenzionale, inoltre gli animali devono poter accedere sempre a uno spazio all’aperto. Ma la cosa più importante è che in agricoltura biologica gli animali devono essere portati al pascolo. Da noi ci vanno da maggio-giugno fino a novembre, tempo permettendo, sia gli animali in lattazione, sia quelli in “asciutta”.
E le differenze nell’alimentazione?
La principale è legata al pascolo e all’uso di foraggio fresco. Inoltre, nell’allevamento biologico, almeno la metà della razione deve essere composta di fieno e non più della metà di cereali, mentre nel convenzionale la quota di concentrati può essere molto maggiore. Tutto questo influisce sia sul benessere degli animali sia sulla qualità del latte e dei prodotti derivati.
In che senso influisce sul benessere?
Basta ricordare che i bovini sono ruminanti, se nella loro alimentazione c’è poca fibra, come può succedere nell’allevamento convenzionale, la ruminazione non è ottimale con conseguenze sulla salute.
E sulla qualità del latte?
La qualità del latte e dei suoi derivati dipende da come gli animali sono alimentati. Numerose ricerche hanno mostrato che la qualità del latte di mucche che vanno al pascolo è più ricco di grassi polinsaturi e di altre sostanze nutritive benefiche, come vitamine e sali mineral1. E questa migliore qualità è presente sia nel latte fresco sia nei formaggi.
Sono possibili in agricoltura biologica "allevamenti senza terra", come in quelli convenzionali?
No, perché, in un'azienda biologica, almeno il 60% dei prodotti per l’alimentazione degli animali deve provenire dall’azienda stessa. Noi per esempio copriamo questa percentuale con il pascolo e il fieno, mentre i concentrati li acquistiamo da aziende biologiche certificate. La possibilità di allargare la nostra attività – ma questo vale anche in convenzionale - è condizionata dal fatto che ci sono delle regole che stabiliscono quanti animali possono stare su ogni ettaro. E’ una regola giusta, per evitare impatti ambientali negativi, però oggi si fatica a trovare nuovi terreni disponibili, allora un’azienda è costretta a rimanere al punto in cui è.
Come fate a mungere le mucche che vanno al pascolo?
Le mungiamo due volte al giorno. La prima la mattina prima di portarle nell’area di pascolo prescelta – naturalmente i nostri pascoli sono recintati – e dobbiamo stare un poco lì con loro, altrimenti ci seguono e tornano alla stalla con noi. La seconda volta le mungiamo quando la sera rientrano in stalla.
Quanto latte produce mediamente una mucca allevata con il metodo biologico?
Le nostre Rendene, che sono animali rustici, molto adatti all’allevamento all’aperto ma non molto produttivi, fanno15-18 litri al giorno. In convenzionale la produzione media è di 30-40 litri al giorno. La durata della vita produttiva di una mucca in allevamento biologico arriva fino a 15 anni, mentre in allevamento convenzionale non supera i 4-5 anni.
Un altro elemento che influisce sulla qualità del latte è se viene sottoposto o no a trattamenti termici ad alte temperature…
Il latte pastorizzato viene portato fino a 70° e quello sterilizzato fino a oltre 100°. Queste alte temperature influiscono sulla qualità nutrizionali o perché certe sostanza si perdono – per esempio vitamine e proteine – oppure si trasformano, come le molecole di grasso, diventando meno digeribili. Tutto questo non avviene nel latte crudo, chiamato così perché non subisce trattamenti termici ad alte temperature, e che per questo conserva intatti tutti gli elementi nutritivi…
Come viene “trattato” il latte crudo?
Il procedimento, in teoria, è semplice: per evitare contaminazioni batteriche, il latte appena munto deve essere portato il più rapidamente possibile a una temperatura inferiore ai 4° gradi. Poi, attraverso la catena del freddo, bisogna impedire che si superi questa temperatura. Ma non tutte le aziende sono in grado di garantire queste condizioni, quindi non tutte possono commercializzare latte crudo.
Voi avete fatto l’esperienza del latte crudo commercializzato con distributori automatici a gettone…
Siamo arrivati ad averne tre, tutti nel Bresciano, e andavano molto bene, le persone apprezzavano la qualità del prodotto, la sua maggiore digeribilità ecc. Ne vendevamo circa 250 litri al giorno. Poi è uscita una normativa che ci obbligava a scrivere in caratteri cubitali sul distributore: “Prodotto da consumare dopo averlo bollito”. Le vendite sono precipitate in pochi giorni. Oggi di distributori ne abbiamo solo uno, a Vobarno, e vendiamo al massimo 40 litri al giorno.