Cavolfiori, erbe officiali come melissa, lavanda e rosmarino per arrivare poi allo zafferano, una delle poche coltivazioni in Trentino dopo quelle portate avanti da alcuni agricoltori sul Monte Baldo. Dietro le sbarre si vive anche di agricoltura vista come occasione di lavoro, opportunità per ricominciare o, più semplicemente, per riuscire a trascorrere le lunghe giornate in carcere. E’ quanto si può leggere in un articolo pubblicato su “Il Dolomiti”, in occasione dell'edizione trentina di "Fà la cosa giusta".
Lo sanno bene i 6 carcerati che stanno lavorando i terreni che nel 2015 la casa circondariale di Gardolo ha messo a disposizione in un progetto portato avanti dalla cooperativa La Sfera. Un progetto chiamato “Galeorto” diventato oggi un vero e proprio marchio di produzione biologica che dopo essere entrato in alcuni ristoranti e malghe sparse in Trentino ora sta tentando di entrare a far parte di una rete più ampia di produzioni agricole coltivate nei carceri d’Italia.
“Quando il nuovo carcere si è trasferito a Spini di Gardolo – ci racconta Franco Faes della cooperativa La Sfera che in questi giorni è stata presenta alla fiera ‘Fa’ la cosa Giusta!’ - al suo interno erano presenti diversi metri quadri di verde incolto. Da qui l’idea di coltivarlo e per farlo di offrire questa opportunità ad alcuni carcerati”.
Le coltivazioni scelte, come già detto, sono state quelle di cavolfiori, di erbe officinali e soprattutto zafferano. Prodotti che oggi sono marchiati “Galeorto” e che si sono fatti conoscere sul territorio. “Tutta la produzione è biologica – ci spiega Faes - e all’interno del carcere abbiamo avviato un vero e proprio laboratorio per lavorare la verdura e le erbe officinali”.
Lo zafferano, pianta quanto mai preziosa, rappresenta una delle coltivazioni sul quale Galeorto punta. Da questo, infatti, è nato un accordo di collaborazione tra la cooperativa La Sfera e l’Agribirrificio Argenteum di Cortesano, con la creazione di una birra artigianale, chiamata Zafferana, aromatizzata con lo zafferano biologico del carcere.
“La coltivazione della terra – ci racconta il responsabile del progetto – è fondamentale per i carcerati non solamente per l’opportunità che viene data di mettere a frutto le proprie professionalità o impararne di nuove ma anche perché è l’unica realtà lavorativa che permettere a queste persone di vedere il sole per intero”. Ovviamente, il guadagno di tutti i prodotti, viene utilizzato interamente per le attività interne al Carcere e per portare avanti le coltivazioni.
I successi che i prodotti Galeorto stanno avendo sul territorio fanno guardare oltre. Come già detto, infatti, l’obiettivo ora è quello di collegarsi ad una rete nazionale di coltivazioni agricole realizzate nei carceri italiani. Un percorso che permetterebbe uno scambio di prodotti e quindi una promozione anche dell’agricoltura trentina al di fuori dai confini provinciali.