“Rafforzare diritti e capacità delle donne, in agricoltura, è una delle chiavi per aumentare la sicurezza alimentare”, ha esordito così Marta Dassù, presidente esecutivo di WE, intervenendo alla presentazione della Carta di Milano
Il 28 aprile, alla presentazione della carta di Milano – “l'atto d'impegno che farà da guida ai sei mesi straordinari che abbiamo di fronte" come l’ha definita in quell’occasione il ministro dell’agricoltura Maurizio Martina – è intervenuta anche Marta Dassù, Presidente esecutivo di WE-Women for Expo. Di seguito riportiamo i passaggi iniziali e la conclusione del suo discorso che si può leggere nella sua versione integrale nel sito we.expo2015.
Lasciatemi partire da una considerazione semplice ma essenziale: rafforzare diritti e capacità delle donne, in agricoltura, è una delle chiavi per aumentare la sicurezza alimentare.
Agenda contro la fame e agenda per i diritti delle donne coincidono infatti largamente. Non solo perché le donne sono – storicamente e naturalmente – le prime agenti della nutrizione; ma perché costituiscono ormai una larga parte dei piccoli produttori agricoli.
Secondo i dati FAO, il 43% della forza lavoro globale in agricoltura è composta da donne. E questa percentuale aumenta (oscillando fra il 50% e il 70%) in parecchi paesi dell’Africa sub-sahariana (il Mozambico è un esempio), lì dove si concentra – oltre che in regioni dell’Asia occidentale – la dimensione odierna della fame.
Il problema è che – a fronte del ruolo delle donne in agricoltura - una serie di barriere continuano a limitarne le capacità.
Si tratta di barriere al credito agricolo, di limiti ai diritti di proprietà della terra (in particolare, di limiti ai diritti di successione), di mancanza di input produttivi, di scarso accesso all’istruzione. Combattere queste barriere – come è ricordato nella Carta di Milano – è uno dei contributi fondamentali alla lotta contro la denutrizione, che continua a colpire nel mondo più di 800 milioni di persone.
Sappiamo anche che le donne sono in genere più inclini a re-investire il loro reddito agricolo nella famiglia e nella comunità: fare leva sulle donne, quindi, è anche un investimento sociale – come è risultato chiaramente da programmi come Bolsa Familia in Brasile.
Il ruolo delle donne in agricoltura è ormai conosciuto nelle sue dimensioni; il punto è che non è riconosciuto. La discussione internazionale sui Sustainable Development Goals compie un passo in avanti di principio quando indica nelle donne non puri “recipient” passivi di aiuti esterni, ma agenti attivi della crescita agricola e del cambiamento socio-economico dei rispettivi paesi. L’empowerment delle donne, di conseguenza, diventa centrale.
Il problema, naturalmente, sarà tradurre questo principio in soluzioni operative; conteranno solo i progressi specifici nei singoli paesi, che dovremo riuscire a misurare e confrontare per avere una idea realistica della traiettoria compiuta. La FAO promuove dati disaggregati (a seconda del gender) per combattere ciò che definisce l’invisibilità delle donne in agricoltura.
Anche per questo è così importante che Expo, potendo contare sulla presenza di quasi 150 paesi, cominci a mettere a confronto le best practices: cosa funziona e dove, per garantire la sicurezza alimentare.
(…)
In conclusione: per compiere ulteriori progressi a favore della sicurezza alimentare, fare leva sulle donne, sui loro diritti, sulle loro capacità, è indispensabile. Non per ragioni antiche o per ripetere i soliti clichés; ma per la ragione assolutamente contemporanea indicata da tutti i dati a disposizione. La metà della forza lavoro agricola è fatta di donne. Se venissero messe nelle condizioni di disporre di diritti e di mezzi pari a quelli degli uomini, le donne diventerebbero un motore dello sviluppo agricolo necessario per combattere fame e malnutrizione.
Diritto al cibo e diritti delle donne – entrambi diritti umani - sono strettamente connessi. Questo è il messaggio essenziale che il programma internazionale di WE lancerà da Milano.
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