Se ogni tanto vi capita di soffrire di mal di testa vi sarà certamente capitato qualcuno che vi ha consigliato qualche “rimedio della nonna” per alleviare il fastidio. Anche se, per fortuna, oggi non si crede più come in passato che nella testa degli emicranici si nascondano spiriti cattivi da cacciare via rimuovendo parti di ossa del cranio! (E in effetti bisogna arrivare al padre della medicina Ippocrate per trovare finalmente un approccio razionale del mal di testa, che lo ha classificato come problema organico e non soprannaturale.)
Uno studio italiano che racconta di noi
Tornando ai rimedi popolari per il mal di testa, può incuriosire la scoperta che ben il 42% delle piante utilizzate dalla medicina popolare italiana nel 1800 per la cura della cefalea era in uso già da 1500 anni. E tra queste circa il 79% conteneva metaboliti secondari con azione antinfiammatoria e analgesica. Tutte queste notizie sono tratte da un bel lavoro condotto dal Consiglio nazionale delle ricerche-Istituto per i sistemi agricoli e forestali del Mediterraneo (Isafom-Cnr) e Istituto di scienze neurologiche (Isn-Cnr) pubblicato nei mesi scorsi sul Journal of Etnohopharmacology. Nella tradizione popolare, in effetti, un ruolo terapeutico per il mal di testa è stato attribuito – oltre che alle erbe medicinali - anche a numerosi alimenti di origine vegetali.
Dai cavoli da sniffare ai massaggi sulle tempie coi fichi d’India
Gli autori dello studio del Cnr ne hanno elencato numerosi. Ad esempio, si consigliava di aspirare con il naso un succo ottenuto dalla spremitura di ortaggi quali bieta, barbabietola, cipolla o cavolo. Ma le foglie del cavolo, al pari di quelle del noce, venivano suggerite come impacco da applicare sulle parti dolenti, precedentemente mescolate con olio caldo. Anche massaggiarsi le tempie con fettine di fico d’India o bucce di cetriolo era considerato analgesico. La polpa di cetriolo, invece, andava applicata sulla fronte. Come pure le fettine di limone o di patata, sia fresche che arrostite.
E se praticamente tutte le erbe aromatiche, dall’alloro al rosmarino, venivano prescritte, meno ovvio sembra l’utilizzo dei cereali. Ad esempio, ancora a fine Ottocento si consigliava di lasciare in ammollo i chicchi di avena e consumare quelli che galleggiavano. Oppure di massaggiarsi le tempie con farina di frumento mescolata ad aceto. Sempre a fine Ottocento risalgono le prescrizioni che riguardano il caffè, che però non andava bevuto. Una volta tostato e ridotto in polvere bisognava strofinarlo sulla fronte, oppure fare dei suffumigi con la sua polvere in infusione. E forse, tra tutti questi rimedi – ma nello studio ce ne sono ancora tantissimi – il caffè è l’unico ad essere consigliato ancora oggi per gli effetti esercitati dalla caffeina, un composto presente anche in alcuni farmaci contro l’emicrania.