Novità dalla ricerca
Dimmi da dove vieni e ti dirò che sapori senti

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Strano ma vero: la sensibilità ai sapori sarebbe influenzata anche dall’area geografica di origine per ragioni genetiche. Per la prima volta in due studi danesi , e grazie all’intelligenza artificiale, è stato scoperto che la distribuzione delle papille gustative tra diverse popolazioni non è uguale, cambiando perciò la percezione del gusto degli alimenti. Capiamone un po’ di più

C’è anche la partecipazione di ricercatori italiani in uno dei due studi dell'Università di Copenaghen dedicati alla diversa sensibilità della lingua di sentire i gusti, in particolare l'amaro. Un sapore importante da riconoscere e che durante l’evoluzione ci ha insegnato a distinguere gli alimenti potenzialmente velenosi come le bacche non commestibili (e amare, appunto). E chissà se è proprio per la maggiore abilità di sopravvivenza – e di esempio per la prole - che le donne percepiscono il gusto amaro in un modo più fine rispetto agli uomini.  Ad esempio avvertendo meglio quel fondo amarognolo che si avverte nei broccoli o nel cioccolato fondente.

Ma a prescindere dal sesso, in questa prima ricerca dell'Università di Copenaghen si suggerisce che anche la popolazione alla quale si appartiene può svolgere un ruolo nella sensibilità di sentire i gusti. Per capirlo sono stati arruolati 152 partecipanti, tutti sani e non fumatori di età compresa tra i 18 e i 55 anni. L’unica differenza è che 75 persone erano danesi e 77 persone erano cinesi (e anche che il 71% dei partecipanti erano donne e il 29% uomini). Ebbene, a tutti è stata valutata la sensibilità nei confronti del gusto amaro grazie un metodo decisamente innovativo, e i risultati sono stati sorprendenti.

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Così si studiano meglio le lingue

Innanzitutto va detto che la sensibilità al gusto amaro è stata esaminata consentendo ai soggetti di assaggiare una sostanza amara nota come PROP (6-n-propiltiouracile), considerata un marker genetico per la percezione del gusto. Ma a parte le sensazioni soggettive dei partecipanti, gli studiosi hanno voluto studiare le loro lingue per valutare se le differenze nella percezione fossero dovute a differenze anatomiche del nostro organo del gusto. Va detto che il conteggio delle papille della lingua viene solitamente eseguito manualmente: un lavoro impegnativo in cui si commettono facilmente errori. Per avere dati più precisi, gli studiosi hanno adottato un nuovo metodo basato sull'intelligenza artificiale che ha automatizzato il conteggio. Grazie a un algoritmo è stato creato un sistema di coordinate della lingua in grado di mappare le papille sulle lingue dei partecipanti (qui trovate l’articolo nel quale si descrive il progetto). In particolare sono state contate le papille cosiddette fungiformi, per via della loro forma, situate sulla punta della lingua e che svolgono un ruolo centrale nella percezione dei sapori.

Più papille e il gusto cambia

Alla fine le evidenze sono state molto chiare: "I nostri studi hanno dimostrato che la stragrande maggioranza dei soggetti cinesi del test era più sensibile ai sapori amari rispetto a quelli danesi. Inoltre abbiamo scoperto un collegamento tra questa maggiore sensibilità e il numero delle papille gustative sulla lingua", ha affermato Wender Bredie, tra gli autori della sperimentazione pubblicata su Food Quality and Preference. In altre parole, è stato dimostrato che le persone cinesi in genere avevano più papille rispetto ai soggetti danesi e che perciò, secondo gli studiosi, erano migliori come degustatori.

Insomma, ora sappiamo che la genetica va ad aggiungersi ai numerosi fattori che influenzano il nostro rapporto con il cibo. Interessante no? Si attendono ulteriori sviluppi…

Dimmi da dove vieni e ti dirò che sapori senti - Ultima modifica: 2021-01-25T08:10:06+01:00 da Barbara Asprea

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