Quando si parla dei rischi per la salute dovuti all’abuso di certi cibi industriali ricchi di additivi, grassi e zuccheri, i cosiddetti cibi ultra processati (ossia Ultra-processed foods o UPF), il pensiero corre a paesi lontani da noi. E non certo alla patria della dieta mediterranea.
Per questa ragione a noi italiani colpisce particolarmente questa ricerca dell’Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico Neuromed, di Pozzilli (IS) da poco pubblicata sull’American Journal of Clinical Nutrition. Condotta nell’ambito del vasto Moli-sani Study, ha coinvolto oltre 22mila connazionali adulti, rivelando l’impatto negativo dei cibi ultra processati sulla salute cellulare e sul rischio di malattie croniche. Dimostrando che un consumo elevato di questi alimenti risulta associato a un'accelerazione dell’invecchiamento biologico.
Ma, innanzitutto, cosa si intende per invecchiamento biologico?
A differenza dell’età cronologica, che si calcola in base agli anni trascorsi dalla nascita, l’invecchiamento biologico misura lo stato di salute delle cellule dell’organismo. Questo parametro è influenzato da fattori come stile di vita, dieta e genetica. Essere biologicamente più vecchi rispetto alla propria età cronologica significa avere un rischio maggiore di sviluppare malattie come diabete, tumori, malattie cardiovascolari e varie forme di demenza.
Lo studio, in sintesi
I ricercatori hanno analizzato i dati raccolti dai questionari alimentari presenti nel Moli-sani Study per stimare il consumo di UPF. Ma oltre al cibo sono stati valutati anche fattori legati alla salute come 36 biomarcatori presenti nel sangue dei partecipanti, tra cui trigliceridi e colesterolo, livelli di glicemia e insulina e poi indici di infiammazione quali la proteina C-reattiva. A seconda delle percentuali di alimenti ultra-processati rispetto alla totalità degli alimenti consumati, i partecipanti sono stati divisi in gruppi. I soggetti che consumavano maggiori quantità di UPF mostravano un’età biologica superiore di 0,34 anni rispetto a chi ne consumava le dosi inferiori. Tra gli alimenti UPF più frequenti sono risultati le carni trasformate, dolci e snack confezionati, bibite zuccherate.
Si pensa che questo legame con l’invecchiamento cellulare non sia dovuto soltanto dalla scarsa qualità nutrizionale degli UPF ma anche da altre caratteristiche. Ecco qualche esempio.
- Destrutturazione della matrice alimentare: certe lavorazioni industriali riducono la presenza delle fibre e delle sostane nutritive naturalmente presenti.
- Presenza di sostanze chimiche: additivi come emulsionanti, dolcificanti e conservanti.
- Contaminazione dai materiali di confezionamento: le plastiche potrebbero rilasciare sostanze tossiche.
L’insieme di tutti questi fattori potrebbe influenzare negativamente funzioni fisiologiche come il metabolismo del glucosio e il microbiota intestinale.
UPF: la classificazione
Per valutare il grado di lavorazione degli alimenti, gli studiosi hanno utilizzato la classificazione Nova che li divide in tre classi. Eccone una sintesi.
- Cibi non processati o minimamente processati: frutta, verdura, carne fresca non lavorata, pesce, uova, latte.
- Cibi processati: conserve di verdura, formaggi, salumi.
- Cibi ultra processati: snack salati e dolci confezionati, cibi pronti in scatola, prodotti da foro industriali, bibite gassate. Si tratta di alimenti ricchi di additivi, coloranti, dolcificanti, conservanti, aromi artificiali…
Dieta mediterranea: una protezione naturale
Per fortuna il fatto di essere italiani qualche vantaggio lo dà ancora. Nella ricerca è stato evidenziato che il punteggio della dieta mediterranea calcolato sui consumo dei partecipanti di alimenti come frutta, verdura, legumi e pesce, attenuava parzialmente l’associazione tra UPF e invecchiamento biologico. Insomma, ancora una volta si conferma l’importanza di seguire un’alimentazione basata su alimenti naturali o poco lavorati per rallentare il processo di invecchiamento. D’altra parte non è un caso che la “vera” dieta mediterranea venga considerata tra le più anti-age in assoluto.