È vero che d’inverno bisogna mangiare di più? Dipende tutto dalle condizioni in cui viviamo e dall’attività che svolgiamo
Nei mesi invernali una parte dell’energia che ricaviamo dagli alimenti serve al mantenimento dei meccanismi omeostatici indispensabili all’equilibrio del nostro organismo. Il corpo cede calore all’ambiente esterno: una diminuzione della temperatura sotto i 15 °C provoca un aumento sensibile del dispendio energetico, di tre-quattro volte rispetto alle condizioni ottimali (tra 28 e 30 °C). I muscoli con il freddo “tremano” cioè si contraggono, e gli organi interni, soprattutto il fegato, lavorano di più. Ecco perché era buona norma aumentare l’apporto calorico. Era? Sì. Il passato è d’obbligo perché di fatto la società in cui viviamo impone locali molto riscaldati e una vita sedentaria. Di conseguenza l’energia necessaria all’omeostasi si riduce. Se qualche strappo alla regola può essere fatto in occasione delle feste, è bene non esagerare: quando un crampo di fame ci fa guardare con golosità una fetta di panettone, usiamo l’intelligenza e scegliamo in modo corretto: meglio la ricetta classica (farina, burro, uova, uvetta) che apporta 335 calorie contro le 600 di una fetta dello stesso dolce farcito con crema.
Carboidrati per un sorriso?
Le giornate sono più corte, cambiano i ritmi circadiani legati alla durata del giorno astronomico: il prevalere del buio sulla luce diminuisce la quantità di melatonina e di serotonina, sostanze che regolano l’assunzione di cibo e il tono dell’umore. È normale “sentirsi un po’ giù”, così come è normale sentirsi più attratti da dolci e fettuccine. Proprio i carboidrati, infatti, sono un buon antidoto al freddo e alla tristezza: aumentano nel sangue la quantità di un aminoacido, il triptofano, che nel cervello darà origine alla serotonina. Quindi al bando i sensi di colpa ma, come sempre, usare il cervello. Diamo la precedenza agli amidi (zuccheri complessi) ed evitiamo gli zuccheri semplici. Ottime e non necessariamente ingrassanti sono le zuppe di cereali e legumi (farro e lenticchie, orzo e fagioli, pasta e ceci, pasta e fagioli nelle sue diverse ricette).
Quel brivido di freddo…
Come sempre le vie di salute e benessere non vanno cercate tanto lontano: la tradizionale ribollita toscana, fatta di pane, fagioli, cavolo verza, carote, cotti, raffreddati e ricotti con l’aggiunta di olio extravergine è non solo ottima dal punto di vista nutrizionale ma, per effetto di processi fisico-chimici spontanei, ricca di gusto e aroma.
Di antichissima origine è la polenta, considerata nell’Ottocento cibo da poveri, ma ormai da tutti rivalutata per le sue proprietà anticolesterolo: le sue proteine minori vanno integrate con latticini o legumi per arrivare a un piatto completo, ottimo per combattere i rigori invernali. Più completa invece la farina di grano saraceno utilizzata per la polenta taragna e i pizzoccheri: ricco di proteine di buon livello biologico, è l’unico cereale dotato di rutina (vitamina P), una sostanza contenuta in genere solo nei vegetali.
L’inverno non è solo la tipica stagione degli sbalzi d’umore, ma anche quella dove banali raffreddate aprono la porta a disturbi di varie entità. Per prevenire influenza e raffreddore e alleviare i sintomi, conosciamo ormai bene l’utilità della vitamina C. Stimolando la produzione di interferone, una proteina che ci aiuta a combattere i virus, e rafforzando nel contempo globuli bianchi, leucociti e linfociti che divorano batteri e producono anticorpi, questa vitamina rinforza le nostre difese immunitarie. È però molto delicata. Viene distrutta da fattori esterni quali il calore, il lavaggio eccessivo, il congelamento ma anche il semplice trascorrere del tempo. Inoltre abitudini di vita poco sane ne aumentano il consumo da parte dell'organismo: fumo, alcol, stress, assunzione di alcuni farmaci quali pillola anticoncezionale e aspirina, sono fattori che dovrebbero indurci ad assumerne in maggiori quantità.
Vitamina C dagli alimenti
Gli agrumi sono notoriamente una buona fonte di vitamina C (circa 50 mg per 100 g). Ma forse non tutti sanno che la loro scorza e la pellicina bianca contengono anche vitamina P: per questo andrebbero anche consumati interi e non spremuti. Arance, limoni, mandarini ci forniscono anche acido citrico, sostanza che facilita l’assorbimento dei principi nutritivi, potenzia il lavoro degli enzimi digestivi e favorisce l’azione dei principali antibiotici naturali. In realtà, contrariamente a quello che si crede, la vitamina C abbonda anche nella verdura: approfittiamo dunque dell’inverno per portare in tavola i vegetali della famiglia delle Crucifere (cavoli, cavolini di Bruxelles, cavolfiori) ricchi, oltre che di vitamine C e P, di altre sostanze ad azione preventiva contro il cancro.