Queste sono le due grandi passioni di Susanna Tamaro, una delle nostre scrittrici più famose che, da vent’anni, abita nella campagna umbra e si dedica personalmente ai lavori dell’orto e della vigna
Lo spreco proprio non le va. E in particolare quello di cibo, tanto che quando avanza qualcosa al ristorante se lo fa incartare e lo porta via. I dati riportati alla fine del 2010 nel Libro nero sullo spreco alimentare in Italia elaborati da Last Minute Market - la società spin off della Facoltà di Agraria di Bologna che recupera e ridistribuisce il cibo in scadenza - l’avevano molto colpita, tanto che ne aveva anche scritto un articolo sul Corriere della Sera. Articolo in cui esprimeva, non solo la vergogna per quelle montagne di cibo distrutte dalle ruspe, ma anche il timore che una società che spreca così a cuor leggero non possa dare buoni frutti, non possa andare “dove la porta il cuore”. Abbiamo capito così che Susanna Tamaro è proprio sulle nostre corde e siamo andati a chiacchierare un po’ con lei, di cibo naturalmente, come facciamo sempre, e abbracciando poi l’universo mondo.
La cucina è il luogo del nutrimento e dell’affetto: com’era la tua da bambina?
La cucina che lego al “buono”, da tutti i punti di vista, è quella di mia nonna, perché mia madre, come purtroppo spesso capita, era troppo indaffarata col lavoro e “tirava un po’ via”, come si dice.
Di questa nonna di origine austroungarica ricordo soprattutto le torte e le leccate del loro impasto crudo che restava attaccato alle pareti della ciotola, per il quale noi nipoti eravamo disposti a prenderci a cucchiaiate!
E la tua cucina quando ti sei staccata dalla famiglia?
È stata un’immersione shock in un mondo di cibi per me praticamente sconosciuti: a diciotto anni mi sono spostata da Trieste a Roma, ma a quei tempi, parlo della fine degli anni Settanta, la differenza tra il nord e la capitale era abissale. Anche se sembrerà assurdo, io di fatto non conoscevo la pasta e l’entusiasmo per questo nuovo alimento fu tale che la mangiavo mattina e sera, così ingrassai in modo assurdo.
Ora però vivi in campagna in Umbria: questo ha influenzato il tuo rapporto col cibo?
Altroché! Dal 1989, quando mi sono trasferita in campagna, il mio rapporto col cibo è radicalmente mutato, in meglio naturalmente, innanzitutto perché ho più tempo. Questo mi ha permesso di dedicarmi alla cucina anche come memoria, come passaggio delle tradizioni, e ho potuto finalmente sperimentare tutte le ricette di mia nonna, soprattutto dolci, che rimangono per me i piatti più divertenti e soddisfacenti da preparare, forse perché hanno in sé l’idea della festa, dello straordinario. Così cucino spesso biscotti, brioche, torte per e con i miei numerosi nipoti e il tramandare valori e affetto prende una forma dolcissima e concreta.
Ma non cucini solo dolci. Hai un magnifico orto i cui prodotti approdano certamente anche ai tuoi fornelli
Sento un profondo amore per la natura e ho desiderato fin da ragazzina avere un orto da coltivare. Non so perché, non avevo parenti agricoltori che mi potessero influenzare, è proprio una cosa innata. Trasferendomi qui, in Umbria, nel 1998, ho finalmente realizzato il mio sogno di impiantare una vera azienda agricola, anche se di dimensioni contenute, che comprende animali, un vigneto, un uliveto e anche un vero orto in cui esprimere tutta la mia creatività “ortoculturale”.
Quello che produco è sufficiente per la mia famiglia e per gli ospiti del nostro agriturismo Il Giglio Bianco di Orvieto. E gli alberi da frutto coprono circa il settanta per cento delle nostre necessità: in parte consumiamo la frutta fresca e in parte la conserviamo, in tanti modi.
Come sei arrivata, tu cittadina, ad avere tutta questa cultura agronomica?
Provando e riprovando, osservando i contadini che ne sapevano più di me e anche leggendo varie pubblicazioni. E poi mi occupo da sempre di questioni ambientali e quindi conosco la materia abbastanza bene. Ho piantato personalmente venticinque piante di ulivo e una vigna con altrettante piante. Riusciamo a produrre circa sessanta litri di vino all’anno, un rosso misto merlot sangiovese, un vino da tavola, genuino e buono, che consumiamo appunto noi. E prossimamente mi darò all’apicultura, per ora ho solo scelto le arnie.
Alcuni dei tuoi libri sono rivolti ai bambini e in essi è molto presente il tema ambientale
Il rapporto fisico con la terra è molto importante per crescere rispettando e amando la natura: a me capita spesso di insegnare a coltivare alle bimbe che vivono con me e passo con loro ore e ore nell’orto, a piantare, innaffiare, osservare gli insetti. Si crea sempre un clima molto bello, che aiuta sia a crescere rispettando l’universo sia ad avere un buon rapporto col cibo.
Una tua opinione sul rapporto che abbiamo oggi con il cibo
Incontro sempre più spesso persone che hanno problemi alimentari, che non si nutrono in modo “normale”, che sono maniaci da tantissimi punti di vista. Credo che le motivazioni siano molteplici: da un lato abbiamo caricato il cibo di valenze che non gli competono, dall’altro, il fatto di avere sempre tutto a disposizione ci ha fatto perdere il rispetto per esso. Credo che anche il venir meno di certi rituali religiosi abbia contribuito alla sua valorizzazione e a trasformare l’alimentazione in una sorta di follia collettiva.
Come mangi quando scrivi?
Io scrivo essenzialmente in inverno, quando sono più libera dai lavori agricoli.
E quando scrivo mangio soprattutto zuccheri, perché consumo tantissime calorie.
Per fortuna poi non ingrasso e tendo anzi a dimagrire.
Se per un giorno avessi il potere assoluto nel settore agroalimentare, che faresti?
Innanzitutto eliminerei tutti gli allevamenti intensivi e riporterei gli animali nei pascoli, sia per evitare la sofferenza che gli viene inflitta sia perché mangiando la loro carne assumiamo anche il loro dolore e questo ci nuoce sia fisicamente sia spiritualmente. Poi abolirei le coltivazioni geneticamente modificate che non ritengo risolutive per risolvere la fame nel mondo. E incentiverei il biologico, perché la terra non è un bene fatto solo per l’uomo. È un essere vivente, è come un bambino, bisogna nutrirla quando ha fame, coprirla quando ha freddo: io d’inverno spargo sulla terra il letame e poi la copro con la paglia, per tenerla al caldo... e lei mi ripaga con prodotti meravigliosi. Quando capiremo questo, certe scelte saranno logiche. Speriamo di non arrivarci troppo tardi.