Il modello danese per l’agricoltura biologica. Uno stile scandinavo che ha portato questo piccolo Paese, verde per la sua natura e azzurro per la sua conformazione a penisola e l’infinità di isole che compone il suo arcipelago, grande più o meno come due volte l’Emilia Romagna e con una popolazione di meno di 6 milioni di abitanti, a risultati eccezionali nello stile più naturale di agricoltura e consumo.

Abbiamo avuto occasione di conoscere Mette Gammicchia, Direttore Market Relation del Danish Agriculture & Food Council, e l’abbiamo intervistata per capire da dove nasce il primato mondiale di spesa procapite bio, che in Danimarca arriva al 13% (in Italia siamo al 4%).
In Danimarca, il bio è arrivato molto presto, e certifica direttamente lo Stato
“La Danimarca è stato il primo Paese al mondo a introdurre regole per la produzione biologica, a sviluppare standard biologici nazionali e a lanciare un'etichetta del bio (nel 1989, accompagnata poi dalla “foglia” europea nel 2010)” racconta Mette Gammicchia. “Nel 1987, prima che venissero definite le regole a livello europeo, abbiamo creato un controllo statale. E qui c’è una prima particolarità. La certificazione e il controllo della produzione e della vendita del biologico sono esclusivo appannaggio dello Stato: i certificatori sono, infatti, dipendenti statali”.
Il Modello danese: tutti coinvolti, dagli agricoltori ai consumatori (e regole più stringenti)

Ma l’intervento centralizzato non si è limitato al controllo. “Quando parliamo di Modello danese intendiamo una forma di collaborazione stretta che da decenni abbiamo tra tutti coloro che sono coinvolti nella produzione e anche nel consumo degli alimenti biologici” spiega Mette Gammicchia. “C’è una catena del valore che accomuna figure molto diverse: agricoltori, aziende di trasformazione, organizzazioni agricole, commercianti, servizi di ristorazione, e poi enti, consulenti, politici, e, naturalmente, consumatori. Tutti hanno contribuito a sviluppare un settore biologico orientato al mercato con una produzione che tenga conto dell'ambiente, della sostenibilità e del benessere degli animali. La collaborazione tra le diverse parti ha portato alla creazione di regole più stringenti rispetto ai dettami dell’Unione Europea. Per esempio, è vietato, e non solo limitato, l’uso del rame nella frutticoltura biologica e l’aggiunta di nitriti nei prodotti carnei”. “Il lavoro allo stesso tavolo, questa cooperazione che chiamiamo Modello danese, ha aiutato molto lo sviluppo del biologico in Danimarca” prosegue l’esperta. “Oggi il 98% dei consumatori conosce il marchio bio danese, l’80% dei danesi acquista bio, il 60% delle mense pubbliche è biologica”.
Le produzioni più tipiche e le esportazioni in Italia
“in tanti conoscono alcuni marchi danesi, come il burro Lurpak” osserva Mette Gammicchia. “In effetti il settore lattiero caseario, così come quello della produzione della carne, in particolare di suino, ha molta importanza nel nostro Paese. Anche per questo l’attenzione al benessere animale nell’allevamento, non solo nel biologico ma anche nella produzione convenzionale, è massimo. Oggi, da noi, un litro su tre di latte acquistato è biologico, e lo è tutto il latte delle mense scolastiche. Inoltre, la produzione di uova biologiche rappresenta il 25% del totale. Esportiamo carne suina biologica in Italia, così come latte e formaggi, e diverse tipologie di ortaggi, come le carote, i cavoli e le insalate. Inoltre, nei negozi bio italiani è diffusa una nostra importante marca di prodotti crudisti, RawBite. Nell’altra direzione, dall’Italia da noi arrivano, come produzioni bio, soprattutto frutta e ortaggi.”
E i ristoranti hanno il bollino bio: d’oro, d’argento o di bronzo

“In Danimarca si può mangiare biologico facilmente e garantiti anche fuori casa” ci racconta come ultima cosa Mette Gammicchia. “Per sapere quanto è biologico un ristorante, una mensa aziendale o scolastica, oppure un’azienda di catering, è stato definito un sistema di marchi a tre livelli: oro (dal 90 al 100% di ingredienti biologici), argento (dal 60 al 90%) e bronzo (dal 30 al 60%). Sono più di 3.000 i ristoranti o le mense certificati, di cui il 22% con il bollino d’oro, il 42% con quello d’argento e il 36% con il bronzo.”
Chi è interessato può approfondire sul sito del Danish Agriculture & Food Council