La ricerca, finanziata dal Ministero Italiano delle Politiche Agricole e Forestali, ed in parte in virtù di un’ampia collaborazione tra i ricercatori dell’Ateneo della Tuscia e differenti gruppi di ricerca di Università Internazionali, ed è stata finalizzata a svelare l'origine del batterio che sta devastando in Italia, come in Europa, Asia e Nuova Zelanda, le coltivazioni di Actinidia, le piante produttrici dei frutti di kiwi, di cui l’Italia è Leader mondiale nell’esportazione e tra i principali produttori mondiali
La diffusione transnazionale delle fitopatologie rappresenta una delle principali minacce per l'agricoltura mondiale. Una malattia che si è imposta recentemente all’attenzione è il cancro batterico del kiwi (Actinidia deliciosa e A. chinensis), causato da Pseudomonas syringae pv. actinidiae (PSA), che sta devastando le coltivazioni di actinidia.
I primi casi si sono verificati in Cina e Giappone nel 1980 per poi diffondersi e scoppiare in forme serie in Italia dal 2008, minacciando seriamente il settore. Per indagare origine e vie di trasmissione del PSA sono stati sequenziati genomi di ceppi provenienti da vari paesi, rilevando che quelli provenienti da Cina, Italia e Portogallo hanno ‘antenati’ comuni e individuando nel paese asiatico la probabile origine della diffusione della batteriosi, mentre gli isolati del Giappone e della Corea appartengono ad una linea filogenetica distinta.
A loro volta, gli isolati batterici di Psa provenienti da Cina, Europa e Nuova Zelanda sono quasi identici tra di loro, ma mostrano una piccola differenza in una specifica regione del loro DNA, portando a escludere che il batterio sia stato importato dalla Cina in Italia e dalla Cina in Nuova Zelanda, in modo indipendente, e che non sia stata quindi l’Italia, come inizialmente ipotizzato, ad essere la causa della diffusione di questa batteriosi oltre oceano.
A questi studi ha contribuito il Gruppo di Fitobatteriologica dell’Ateneo di Viterbo, coordinato dal Prof. Giorgio M. Balestra, nel quadro di un’ampia collaborazione con vari gruppi di ricerca di Università Internazionali, utilizzando tecniche avanzate nello studio del DNA batterico che rappresentano il primo passo per fermare la diffusione di batteri aggressivi come Psa e adottare strategie mirate per contrastarlo.