Tabacco biologico? Si può fare, volendo


In Italia su 18.436 ettari coltivati a tabacco solo 41 sono in via di conversione al biologico. Una circolare del Mipaaf chiarisce che nulla dovrebbe ostare alla certificazione come biologiche delle sigarette che se ne ricaverebbero

Il tabacco è una coltura per la quale l’Italia è leader in Europa con una produzione di 18.436 ettari per una produzione di 539.248 quintali. Ebbene oggi si sta profilando sul mercato – secondo quanto si legge in un articolo su Ambiente&Territorio di Coldiretti - una richiesta di prodotto privo di residui di sostanze chimiche, coltivato da agricoltura biologica. Negli Stati Uniti le vendite delle sigarette bio sono in costante aumento e forse questo sarebbe possibile anche in Europa, se solo ci fosse più offerta di tabacco biologico.
D’altra parte, in virtù della Politica Agricola Comunitaria che promuove processi di produzione sostenibili, alcuni produttori stanno cercando delle soluzioni per coltivare il tabacco con pratiche agricole aventi un minore impatto ambientale, sebbene dal punto di vista agronomico sia molto difficile in quanto tale coltura presenta numerose avversità (peronospora, maculatura, altre batteriosi, afidi, pulci) per le quali è tecnicamente molto più  complesso, rispetto ad altre colture,  evitare totalmente il ricorso a sostanze di sintesi chimica per la lotta fitopatologica, soprattutto in caso di lotta ai nematodi.
A fronte di una richiesta avanzata da un numero, al momento, limitatissimo di imprese tabacchicole ( al momento in Italia secondo i dati Sinab, ci sono solo 41 ha di tabacco in conversione verso il metodo biologico) che applicano il metodo di produzione biologico, il Ministero delle  Politiche Agricole ha emanato una  nota di chiarimento in
quanto un organismo di controllo e certificazione ha chiesto se l’attività di cura del tabacco in foglia (coltivato con metodo biologico ai sensi del reg. CE 834/2007) operazione di trasformazione primaria consistente nell’ essiccazione a caldo delle foglie, effettuata o meno dall’agricoltore  che ha effettuato la coltivazione della pianta, possa ricadere nel campo di applicazione del regolamento, potendosi certificare come biologico il prodotto ottenuto al termine di tale operazione.
In secondo luogo, è stato chiesto se la successiva attività di trasformazione condotta da operatori specializzati consistente nella successiva lavorazione del prodotto (essiccazione, separazione delle lamine dagli steli, possa egualmente rientrare nel campo di applicazione del regolamento e, possa, quindi, certificarsi come biologico il prodotto ottenuto al termine di tale processo. In questo secondo caso il dubbio deriva dal fatto che tale attività è effettuata da operatori che non appartengono alla filiera alimentare anche se le attività possono essere considerate operazioni di prima lavorazione del prodotto grezzo senza utilizzazione di prodotti non ammessi dal metodo di produzione biologico.
Secondo la nota ministeriale le attività di cura del tabacco (essicazione a caldo delle foglie eseguita dal coltivatore) e di separazione delle lamine dagli steli (scostolatura effettuata presso operatori specializzati) possono rientrare nel campo di applicazione del reg. CE 834/2007 in quanto tali attività non sono da considerarsi “trasformazione”.
In ogni caso le operazioni di scostolatura devono essere fatte dagli agricoltori in continuità con l’attività di produzione anche se eventualmente questa fase é delegata a soggetti terzi specializzati. In sostanza, per il MIPAAF sia il tabacco raccolto dal campo che quello soggetto a prima essiccatura e scostolatura, può essere etichettato come biologico. Mentre non può dirsi altrettanto per i prodotti ottenuti da successive operazioni di trasformazione del tabacco in quanto prodotti non food e, quindi, esclusi dal par. 2, art. 1, del reg. CE 834/2007.

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Tabacco biologico? Si può fare, volendo - Ultima modifica: 2016-02-28T00:00:00+01:00 da Redazione

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