Non è vero che l’agricoltura biologica inquina più di quella convenzionale


Roberto Pinton, segretario di AssoBio, risponde a quelli che nei giorni scorsi hanno affermato il contrario

Dopo la pubblicazione dell’articolo “All’agricoltura biologica solo le briciole dei finanziamenti europei e italiani” , abbiamo ricevuto alcuni commenti in cui si accusa l’agricoltura biologica di essere più inquinante di quella tradizionale. Di seguito – si legge su Il fatto alimentare - pubblichiamo uno di questi commenti, con la risposta a seguire di Roberto Pinton, segretario di AssoBio.

Andate ad informarvi veramente! Il bio inquina tanto quanto il convenzionale, anzi in termini di unità raccolto di più! Inoltre ancora si parla di sintesi e naturale come se le cose naturali non facessero male, beh mi dispiace dirvelo ma non è così la molecola di sintesi e quella naturale è uguale! Ebbene sì il rame utilizzato dal bio fa male alla salute e inquina (l’UE vuole abbassare l’utilizzo massimo ma gli agricoltori bio stanno protestando, come mai?) E lo zolfo utilizzato (ovviamente Naturale) deriva dagli scarti della lavorazione del petrolio però è Naturale.” Tommaso

Advertisement

Risponde Roberto Pinton, segretario di AssoBio

Mi occupo di produzioni biologiche e sostenibili da una quarantina d’anni, nel corso dei quali ho già avuto modo di ascoltare i molti luoghi comuni che il lettore è riuscito a concentrare in così poche righe. Non potrò avere la sua stessa sintesi.

Ogni anno l’ISPRA pubblica il “Rapporto nazionale pesticidi nelle acque”

Il bio inquina quanto il convenzionale? Ogni anno l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA), che insieme alle 21 Agenzie  Regionali (ARPA) e Provinciali (APPA) per la protezione dell’ambiente fa parte del Sistema Nazionale a rete per la Protezione dell’Ambiente (SNPA), pubblica il “Rapporto nazionale pesticidi nelle acque”, che il lettore può agevolmente scaricare online gratuitamente. Si tratta di una pubblicazione estremamente istruttiva.

L’ultima edizione indica che “Il monitoraggio evidenzia una presenza diffusa di pesticidi nelle acque, con un aumento delle sostanze trovate e delle aree interessate. Nel 2016, in particolare, ci sono pesticidi nel 67,0% dei punti delle acque superficiali e nel 33,5% di quelle sotterranee. Sempre più evidente è la presenza dimiscele, con un numero medio di circa5 sostanze e un massimo di55 sostanze in un singolo campione”. Vi si legge che “in alcune Regioni la presenza dei pesticidi è molto più diffusa del dato nazionale, arrivando a interessare oltre il 90% dei punti delle acque superficiali in Friuli Venezia Giulia, provincia di Bolzano, Piemonte e Veneto, e più dell’80% dei punti in Emilia Romagna e Toscana. Supera il 70% in Lombardia e provincia di Trento. Nelle acque sotterrane la presenza di pesticidi è particolarmente elevata in Friuli 81%, in Piemonte 66% e in Sicilia 60%”.

Nell’ultima campagna di rilevazione sono state trovate 259 sostanze e gli erbicidi (che come il lettore certamente non ignora, non sono utilizzati in agricoltura biologica) sono tradizionalmente le sostanze più rinvenute, anche se “Rispetto al passato è aumentata notevolmente la presenza di fungicidi e insetticidi”, frase che, purtroppo, è un tragico “taglia e incolla” che troviamo in ogni edizione del Rapporto. “Nelle acque superficiali, 371 punti di monitoraggio (23,9% del totale) hanno concentrazioni superiori ai limiti ambientali. Le sostanze che più spesso hanno determinato il superamento sono: gli erbicidi glifosate e il suo metabolita AMPA, metolaclor e il metabolita metolaclor-esa e quinclorac” informa il Rapporto. Nessuna di queste sostanze è autorizzata per l’uso in agricoltura biologica.

Tutte e 30 le sostanze più trovate nelle acque superficiali o sotterranee non sono utilizzate in agricoltura biologica

Per quanto riguarda le acque sotterranee, “260 punti (l’8,3% del totale) hanno concentrazioni superiori ai limiti. Le sostanze più rinvenute sopra il limite sono: gli erbicidi atrazina desetil desisopropil, glifosate e AMPA, bentazone e 2,6-diclorobenzammide, l’insetticida imidacloprid, i fungicidi triadimenol, oxadixil e metalaxil”,anch’essi, manco a dirlo, vietati nella produzione biologica. “Per alcune sostanze la frequenza di ritrovamento, la diffusione e il superamento dei limiti, pongono un problema, in alcuni casi di dimensione nazionale” ammonisce il Rapporto, che rileva anche: “La presenza di miscele di sostanze nelle acque è uno degli aspetti più critici evidenziato dal monitoraggio.

Rispetto al passato è aumentato il numero medio di sostanze nei campioni, e sono state trovate fino a un massimo di 55 sostanze diverse contemporaneamente. La tossicità di una miscela è sempre più alta di quella dei singoli componenti. La valutazione di rischio deve, pertanto, tenere conto che l’uomo e gli altri organismi sono spesso soggetti all’esposizione simultanea a diverse sostanze, mentre lo schema di valutazione usato nell’autorizzazione dei pesticidi, basato sulle singole sostanze, non è sufficientemente cautelativo” e fa presente che“La presenza di pesticidi nell’ambiente, oltre a rappresentare un rischio per gli ecosistemi, pone problemi anche per l’uomo.

L’uomo può assimilare sostanze chimiche pericolose attraverso gli alimenti e l’acqua, ma anche attraverso le vie respiratorie e la pelle. L’esposizione per via orale dipende dalla presenza di residui della sostanza nel cibo e nell’acqua potabile e dalle quantità di cibo e  acqua consumata”.

Il breve elenco degli antiparassitari autorizzati in agricoltura biologica si può trovare nell’allegato II del regolamento CE n.889/2008 (che il lettore, se è interessato, può agevolmente consultare).
Tra i prodotti ammessi (cera d’api, oli vegetali, estratti di piante, ecc.) si trovano i composti del rame (idrossido di rame, ossicloruro di rame, ossido di rame, poltiglia bordolese e solfato di rame tribasico).

Il rame in agricoltura. Tra i detrattori dell’agricoltura biologica si annovera con regolarità e assiduità chi propugna l’introduzione degli OGM per risolvere una volta per tutte la sciagura della fame nel mondo, per dare competitività alla nostra agricoltura e per non perdere il treno della scienza lanciato ad alta velocità; più occasionalmente si aggregano la farmacologa e senatrice a vita Elena Cattaneo – che tuttavia, consapevole della sua impreparazione sulle tematiche agricole, rifiuta la partecipazione a confronti diretti vis a vis e si concede solo a ripetitivi interventi sulla stampa – e alfieri assortiti dei fitofarmaci.

Contando sulla sostanziale ignoranza in materia di chimica che è diffusa tra i non addetti ai lavori, da qualche tempo quest’armata ha cominciato ad accusare l’agricoltura biologica della nefandezza di utilizzare i composti del rame, dipinti come la sostanza più nociva del nostro universo.

Svelerò un segreto al lettore: va da sé che dipende dalle quantità, ma di per sé il rame non è nocivo. Anzi, è indispensabile per il nostro organismo, al punto che il regolamento UE n.1169/2011 indica come “valore nutrizionale di riferimento” (l’indicazione che ha preso il posto della precedente RDA, Recommended Daily Allowance o dose giornaliera raccomandata)  1 mg di rame al giorno.
Il reg. UE n. 432/2012 addirittura autorizza l’uso di claim nutrizionali per gli alimenti che contengano una dose significativa di rame: “Il rame contribuisce al mantenimento di tessuti connettivi normali”, “Il rame contribuisce al normale metabolismo energetico”, “Il rame contribuisce al normale funzionamento del sistema nervoso”,  “Il rame contribuisce al normale trasporto di ferro nell’organismo”, “Il rame contribuisce alla normale funzione del sistema immunitario”,  “Il rame contribuisce alla protezione delle cellule dallo stress ossidativo”.

Per chi ci tenesse proprio, sono benedetti anche i claim “Il rame contribuisce alla normale pigmentazione dei capelli” e “Il rame contribuisce alla normale pigmentazione della pelle”.
In sostanza, non è giustificato nessun allarme sanitario connesso all’uso del rame che, al contrario, è indispensabile per il nostro organismo, alla pari del ferro, del calcio, del magnesio, del fosforo eccetera.

Tra i detrattori dell’agricoltura biologica si annovera spesso chi propugna l’introduzione degli OGM

Ma, soprattutto, va tenuto presente:

  1. a)    A differenza dei pesticidi sviluppati negli ultimi decenni, i sali di rame usati in agricoltura per il loro effetto fungicida non hanno effetto sistemico (non entrano, cioè, nel ciclo linfatico della pianta: radici, fusto, foglie e frutto), ma agiscono solo per contatto: rimangono sulla buccia e basta il normale risciacquo con acqua (aggiungo: non serve a niente aggiungere bicarbonato né tantomeno sapone), che tutti a casa effettuiamo prima di consumare gli ortofrutticoli, e i sali di rame sono eliminati.
    Questo solo per inquadrare correttamente gli aspetti sulla sicurezza dei frutti delle coltivazioni per la cui difesa si sia fatto ricorso ai sali di rame: non c’è nemmeno il minimo motivo di preoccupazione.
    Mentre i pesticidi sistemici pervadono i tessuti della pianta (e strofinare con cura o sbucciare il frutto sono solo un esercizio ginnico: non servono a eliminarli), quelli che agiscono per contatto se ne vanno con un semplice risciacquo con l’acqua del sindaco.
  2. b)   L’idea falsa che si tende a far passare è che i sali di rame siano un’esclusiva della produzione biologica. Così non è affatto: sono utilizzati (nel limite di 6 kg di rame per ettaro ogni anno) in tutte le aziende orticole, frutticole e viticole italiane che aderiscono ai protocolli di difesa integrata e senza preoccuparsi più di tanto di limiti nelle altre aziende.

La differenza sta nel fatto che, oltre a utilizzare il rame,le aziende convenzionali utilizzano anche tutti i diserbanti, gli anticrittogamici e gli insetticidi che ritengono opportuno.
I protocolli di difesa integrata (la cui produzione viene presentata come a uso ridotto di sostanze chimiche di sintesi) prevedono l’utilizzo di Glifosate, Acetamiprid, Amectotradina, Amisulbrom, Azoxystrobin, Benalaxil e Benalaxil M, Bentiavalicarb, Bupirimate, Carfentrazone, Ciclossidim, Cimoxanil, Clofentezine,Clorantraniliprole, Clorpirifos etil, Clorpirifos metil, Cyazofamid, Cyflufenamide, Diflufenican, Dimetomorph, Emamectina, Dithianon, Etoxazole, Ezitiazox, Famoxadone, Fenamidone, Fenbuconazolo, Fenpyrazamine, Flazasulfuron, Fosetil Al, Folpet, Fosfonato di sodio, Fosfonato di potassio, Fluazinam, Fluopicolide, Fludioxonil, Indoxacarb, Iprovalicarb, Mancozeb, Mandipropamide, Meptyl Dinocap, Metossifenozide, Metrafenone,Metalaxil e Metalaxil M, Metiram, Pendimetalin, Propineb, Pyraflufen-ethyl, Pyraclostrobin,Pyridaben, Pyriproxyfen, Quinoxyfen, Spirotetramat, Spiroxamina, Tebufenozide, Tebufenpirad, Tetraconazolo, Thiamethoxam, Trifloxystrobin, Valifenalate, Zoxamidee probabilmente ho dimenticato qualche sostanza.

Oltre a utilizzare il rame, le aziende convenzionali utilizzano anche tutti i diserbanti, gli anticrittogamici e gli insetticidi che ritengono opportuno

È singolare che, di fronte a questa sfilza di molecole di sintesi (mi sono limitato a elencare quelle utilizzate in viticoltura) del tutto ammesse in agricoltura convenzionale, alcune delle quali sono oggetto delle preoccupazioni dell’ISPRA sopra richiamate e sono etichettate con avvertenze quali  “Sospettato di provocare il cancro”, “Sospettato di nuocere alla fertilità”, “Sospettato di nuocere al feto”, “Può provocare danni agli organi in caso di esposizione prolungata o ripetuta”, “Può essere letale in caso di ingestione e di penetrazione nelle vie respiratorie”,  “Provoca irritazione cutanea”, “Può provocare una reazione allergica della pelle”, “Provoca gravi lesioni oculari”, “Può provocare sonnolenza o vertigini”, “Altamente tossico  per gli organismi acquatici”, “Molto tossico per gli organismi acquatici con effetti di lunga durata”, si sollevi l’allarme per i sali di rame, quasi che a essi si dovesse il dissesto ambientale del Paese e del Pianeta. Si tratta di un trucchetto da dilettanti, troppo facile da scoprire.

Detto questo, l’UE non vuole abbassare l’utilizzo massimo, lo ha già abbassato, e dal 1 gennaio 2019 le aziende biologiche che lo utilizzano (perché non tutte le aziende biologiche vi ricorrono: per numerose produzioni i sali di rame non servono e quindi non si usano) dovranno provvedere alla difesa dalle malattie fungine con non più di 4 kg per ettaro all’anno.
Il limite varrà anche per le aziende non biologiche, cui però la riduzione non farà né caldo né freddo, dato che potranno continuare ad aggiungere al rame la sfilza considerevole di prodotti che ho elencato poche righe fa. La decisione della Commissione è conseguente a un parere dell’EFSA secondo il quale un utilizzo oltre i 4 kg per anno può essere tossico per la microfauna del suolo, problema che non si pone per quantità inferiori a tale dosaggio.

Nel suo report, la stessa EFSA ammette che il metodo utilizzato per valutare il rame non è stato concepito per valutare le sostanze minerali: i metodi sono quelli sviluppati per la valutazione delle sostanze di sintesi, che non sono presenti in natura.

Intanto, cautelativamente, la Commissione ha scelto di adottare la soglia dei 4 kg l’anno, considerata non pericolosa per l’ambiente, ma rinvia la determinazione definitiva a una prossima valutazione degli effetti sull’ambiente dei sali di rame (probabilmente tra 3-5 anni), che dovrebbe adottare una metodologia diversa che l’EFSA ha in corso di sviluppo.

 

Non è vero che l’agricoltura biologica inquina più di quella convenzionale - Ultima modifica: 2018-12-24T17:30:12+01:00 da Franco Travaglini

Lascia un commento

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome