Di stagione
Melagrana: il rubino dell’autunno

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Preziosa come una gemma, la melagrana non porta solo colore in tavola: ricca di polifenoli, vitamine e fibre, è un frutto antico con molte virtù da conoscere meglio

Simbolo di abbondanza e fertilità, la melagrana accompagna la storia alimentare e culturale del Mediterraneo da millenni. Il suo nome scientifico, Punica granatum, risale a Plinio il Vecchio: punica si riferiva alle terre dei Punici, l’antica popolazione dell’Africa Settentrionale da cui il frutto era ritenuto originario. Diffusosi poi in tutto il bacino mediterraneo, il melograno è diventato un simbolo di prosperità, raffigurato nell’arte antica e nelle icone religiose.

Dalla storia alla tavola

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Usata fin dall’antichità anche come rimedio naturale, ogni parte del frutto aveva un impiego: le radici per preparazioni erboristiche, i fiori per infusi e la buccia come colorante naturale. Nel Medioevo la melagrana trovava posto in cucina accanto alle carni ripiene, nelle salse o al posto dell’aceto, grazie al suo succo leggermente aspro. Nonostante la sua fama, ancora oggi si fa un po’ di confusione con i nomi: la melagrana è il frutto mentre il melograno è la pianta (proprio come arancia e arancio).
Proprio in questi mesi le melagrane coltivate nel nostro Paese raggiungono la piena maturazione: ad ottobre in molte regioni si raccoglie la Wonderful, per fare un esempio, una varietà che si riconosce per il formato particolarmente grande.

Cosa contiene?

La melagrana è una buona fonte di antiossidanti, in particolare polifenoli e acido ellagico, sostanze che aiutano a contrastare i processi ossidativi e a mantenere in salute le cellule. Fornisce anche vitamina C (circa 10 mg ogni 100 g), vitamina K, folati e minerali come potassio e magnesio. I chicchi, chiamati arilli, apportano circa 80 calorie per 100 g e contengono circa 4 g di fibre, una quantità piuttosto alta per un frutto.

Grazie a questa combinazione di micronutrienti e sostanze bioattive, la melagrana contribuisce alla protezione del sistema cardiovascolare e può avere un effetto antinfiammatorio, utile durante i mesi più freddi. Alcuni studi stanno valutando anche gli estratti di melagrana per il loro possibile ruolo nel migliorare la funzionalità dei vasi sanguigni, cioè la loro capacità di dilatarsi in modo corretto, un parametro importante per la salute del cuore.

Le ricerche più recenti

Negli ultimi anni l’attenzione dei ricercatori si è concentrata su una sostanza che l’organismo può ricavare a partire dai polifenoli della melagrana: l’urolitina A. Questa molecola non è presente direttamente nel frutto, ma si forma nell’intestino grazie all’azione del microbiota, cioè dei batteri “buoni” che vivono nel nostro apparato digerente.

Alcune ricerche, come una recente dell’Università di Copenaghen, hanno osservato che l’urolitina A sembra aiutare le cellule cerebrali a mantenere efficienti i loro mitocondri, le strutture da cui dipende la produzione di energia del cervello. I risultati sono ancora preliminari, ma indicano un possibile effetto positivo della melagrana sul benessere cerebrale.

Come usarla di più?

La melagrana è un ingrediente versatile e facile da usare. I suoi chicchi si possono aggiungere a insalate di verdura o di cereali, a piatti di legumi o a dolci di stagione. Il succo, dal gusto acidulo, può sostituire l’aceto nei condimenti o essere impiegato per salse e marinature. Chi preferisce berla come spremuta può farlo sapendo che, anche se si perde parte delle fibre, restano attivi molti benefici composti antiossidanti.

Gli arilli si conservano in frigorifero per alcuni giorni o si possono congelare fino a tre mesi, mantenendo buona parte delle loro proprietà. Insomma, portare in tavola la melagrana in questo periodo significa approfittare di un frutto che unisce gusto, equilibrio nutrizionale e un profilo di sostanze benefiche in linea con la stagione autunnale.

 

Melagrana: il rubino dell’autunno - Ultima modifica: 2025-10-27T08:00:32+01:00 da Barbara Asprea

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