Più frequente nelle donne, la sindrome dell’intestino irritabile (IBS), chiamata comunemente colite, colpisce tra il 4 e l’11% della popolazione generale. I sintomi, come dolore addominale, gonfiore, stitichezza o diarrea, sono spesso difficili da gestire, e la maggior parte delle persone preferisce farlo con approcci dietetici, piuttosto che farmacologici. Tra i più studiati, la dieta low FODMAP si è dimostrata efficace, ma è anche nota per essere restrittiva, difficile da seguire e non sempre sostenibile nel lungo termine.
Per questo, i ricercatori statunitensi hanno deciso di testare un approccio diverso: quello della dieta mediterranea, già conosciuta per i suoi benefici sulla salute cardiovascolare e cognitiva, ma finora poco studiata nel trattamento della IBS. Lo studio pilota, pubblicato ad aprile sulla rivista scientifica Neurogastroenterology & Motility, ha coinvolto 20 persone con diagnosi di IBS, che sono state divise in due gruppi. Per un periodo di 4 settimane un gruppo doveva seguire uno schema alimentare ispirato alla dieta mediterranea, mentre l’altro gruppo uno schema con una dieta low FODMAP nella fase restrittiva.
Due approcci, uno più accessibile
La dieta low FODMAP, sviluppata dalla Monash University, prevede inizialmente l’eliminazione di alimenti con zuccheri e fibre fermentabili come latticini freschi, legumi, frutta e verdura ad alto contenuto di FODMAP, frumento, dolcificanti e alcolici. Dopo circa un mese, si passa alla fase di reintroduzione graduale, per individuare gli alimenti responsabili dei sintomi. L’efficacia è ben documentata, ma richiede un’attenta supervisione professionale, non sempre disponibile.
La dieta mediterranea, al contrario, è meno restrittiva ed è culturalmente radicata. Si basa su un’elevata assunzione di alimenti vegetali – frutta, verdura, legumi, cereali integrali – con olio extravergine d’oliva come fonte primaria di grassi, pesce e latticini in quantità moderate, e un basso consumo di carne rossa e cibi ultra processati. Ricca di fibre, composti antinfiammatori, acidi grassi insaturi e antiossidanti, risulta più semplice da seguire nella vita quotidiana.
Risultati incoraggianti: ma è solo l’inizio
Secondo i risultati, il 73% dei pazienti che ha seguito la dieta mediterranea ha riportato un miglioramento clinico, contro l’81,8% del gruppo low FODMAP. Il parametro usato per misurare l’efficacia era una riduzione del 30% dell’intensità del dolore addominale, come previsto dagli standard della Food and Drug Administration (FDA), l’agenzia statunitense che regola farmaci, dispositivi medici e terapie.
Pur con un numero limitato di partecipanti lo studio rappresenta il primo confronto diretto tra la dieta mediterranea e una dieta validata come la low FODMAP. Inoltre, è uno dei pochi a testare l’efficacia di un regime alimentare non restrittivo nella gestione dell’IBS. Da sottolineare che tra gli autori c’è William D. Chey, gastroenterologo di riferimento internazionale e presidente dell’American College of Gastroenterology, che ha sottolineato l’importanza di avere opzioni dietetiche “evidence-based”, ma anche praticabili, per personalizzare la cura dei pazienti con IBS.
Insomma, lo studio è incoraggiante, ma rimane una prima indagine pilota. I ricercatori auspicano ulteriori studi con campioni più ampi, durate più estese e comparazioni anche con le fasi successive della dieta low FODMAP (reintroduzione e personalizzazione), per valutare se la dieta mediterranea possa diventare una strategia valida e sostenibile nel trattamento della sindrome dell’intestino irritabile.