L'ingrediente da scoprire
Tamarindo, rinfrescante e gourmet

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In passato il tamarindo, sotto forma di sciroppo, era un grande protagonista delle bevande estive; di recente, grazie alla passione per le cucine etniche, il suo succo è stato riscoperto per la preparazione di stuzzicanti piatti dolci e salati

Originario dell’Africa tropicale, ma ben noto anche agli indiani fin dai tempi antichi, il tamarindo è oggi coltivato in varie zone tropicali. È un albero imponente dalla chioma folta, che viene sfruttato per svariati usi in ogni sua parte, a cominciare dai frutti, i nostri protagonisti. Per la precisione si tratta di baccelli (la pianta è infatti una leguminosa), color cannella da maturi. Dentro nascondono una morbida polpa appiccicosa e asciutta, il cui colore ricorda i datteri (da cui il nome arabo di tamr al hindi, dattero dell’India). Il sapore è più o meno dolce ma sempre acidulo e leggermente aromatico. Questa gustosa polpa entra nel piatto e nel bicchiere, ed è pure utile per le sue proprietà fitoterapeutiche.

Dentro la polpa

Povera di lipidi e proteine, la polpa è costituita principalmente da zuccheri in proporzioni variabili (circa la metà) e da fibre (circa 5 g/100 g). Un altro componente di spicco è l’acido tartarico, un potente antiossidante, che si aggira sul 12%. Lo accompagnano altri acidi della frutta che, insieme, danno alla polpa il gusto acidulo. Ci sono poi ulteriori antiossidanti, e ancora sali minerali (in particolare potassio) e varie vitamine, tra cui la A, la C e alcune del gruppo B.

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Tutto ciò fa del tamarindo un frutto capace di rinfrescare e regolare l’intestino; gli si attribuiscono proprietà antiossidanti, dissetanti, depurative, stimolanti per la digestione e protettive per il fegato.

Il tamarindo non ha grosse controindicazioni, tranne nei soggetti sensibili ai suoi componenti. Attenzione però alle dosi, se non si vuole una bevanda lassativa e purgativa. Nel caso si voglia utilizzarlo per regolarizzare l’intestino, meglio farsi consigliare le dosi da un esperto (erborista o farmacista).

Baccello, polpa, sciroppo ecc.

Il tamarindo è in vendita sotto varie forme nei negozi etnici e on line, più limitatamente in supermercati, erboristerie e farmacie.

Baccelli maturi. Reperibili nei negozi etnici e nel reparto ortofrutta di qualche supermercato, vanno rotti per estrarre la polpa, che contiene anche i semi (da eliminare). In alternativa vanno bolliti, così è più facile eliminare il guscio.

Polpa. Ripulita dalle fibre e quasi sempre dai semi, è venduta sotto forma di panetti scuri e morbidi. Si trova nei negozi etnici, in alcuni supermercati ed erboristerie.

Sciroppo. Di facile reperibilità, contiene ovviamente zucchero, eventualmente anche altri dolcificanti e coloranti.

Marmellata. È in vendita in farmacie ed erboristerie. Viene consigliata non tanto come ghiottoneria quanto come lassativo, soprattutto per i bambini, perché non è irritante per l’intestino. Rispettare i dosaggi indicati in confezione.

Pasta. Proviene di solito dalla Thailandia e si trova in negozi etnici e supermercati. Venduta in barattolo, non contiene zucchero ma può contenere conservanti.

Spunti culinari

Forse conoscerete lo sciroppo di tamarindo, e magari avrete anche assaggiato la salsa Worcester, che contiene appunto questo frutto. Ma è meno probabile che abbiate provato a gustarlo come fanno in Estremo Oriente, dove la polpa entra in cucina ancora da acerba, per un effetto più agro, o ben matura, per una nota agrodolce, conferendo anche una tinta scura alle diverse preparazioni.

Partiamo dall’India, dove il tamarindo aromatizza salse e zuppe (soprattutto di lenticchie), chutney e curry, ed entra nella composizione di alcuni mix per il tè. Un piatto tipico del Sud del paese è per  esempio il riso pulihora; ovviamente speziato e piccante, riceve dal tamarindo un gusto acidulo pungente ed è completato da arachidi.

Nel Sudest asiatico, il tamarindo viene usato come snack salato o candito, oppure se ne prepara una bevanda fredda con datteri e spezie. In Thailandia si usa per insaporire carni bianche e perfino aragoste, oltre a una zuppa con gamberi e fagiolini.

Una rapida puntata in America Centrale ci fa scoprire invece che qui è meno gradita la versione salata; ad esempio in Messico è usata per dolci e una bevanda zuccherata (agua de tamarindo), mentre nei Caraibi si propende per una densa confettura.

Preparazione base

La polpa va ammollata in acqua calda per 20 minuti circa, quindi schiacciata tra le mani per eliminare eventuali residui. Il liquido ottenuto va filtrato con un colino non metallico.

Salsa agrodolce piccante all’orientale (per 4-6 persone)

50 g di polpa di tamarindo

2 cucchiai di zucchero di canna

1 spicchio di aglio

1 pezzetto di zenzero

1 peperoncino

1 cucchiaio di salsa di soia

Scaldate 150 ml di acqua e versateli sulla polpa. Procedete come indicato sopra. Raccogliete il liquido in un pentolino, unite la salsa di soia e un trito preparato con aglio, zenzero e peperoncino. Fate bollire 5 minuti in modo da fare addensare un po’ la salsa. Lasciatela raffreddare e servitela con verdure alla griglia, tofu, pesce, legumi.

 

 

Tamarindo, rinfrescante e gourmet - Ultima modifica: 2020-06-18T09:09:08+02:00 da Sabina Tavolieri

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