Nell’affollata etichetta dell’extravergine, la prima indicazione che incontriamo è uguale per tutti: Olio di oliva di categoria superiore ottenuto direttamente dalle olive e unicamente mediante procedimenti meccanici. In parole povere, l’olio extravergine d’oliva è l’unico ad essere ottenuto dalle olive senza l’uso della chimica e risultare da subito buono per il consumo.
Spremuto a freddo
Partiamo allora con questa veloce guida all'acquisto. “Estratto a freddo”, “ottenuto a freddo”, “estrazione a freddo” è un’indicazione abbastanza diffusa. Il produttore può metterla se, nel processo di lavorazione, non è stata superata la temperatura di 27 °C.
Se un’estrazione “a caldo” porta a una maggiore resa e un’inferiore qualità, è ancora aperta la discussione tra gli esperti oleari rispetto al valore di temperatura imposto dalla legge. Diverse ricerche dicono infatti che alcune sostanze nutritive utili si estraggono ancora meglio se si lavora con qualche grado in più. Ma questa è la norma, e per noi, che allunghiamo la mano verso l’una o l’altra bottiglia, si tratta di un’informazione che ci fa pensare che sia stata messa una cura particolare nella produzione dell’olio.
Altra frase che si può trovare, seppur di rado, è “Prima spremitura a freddo” e si riferisce solo a oli ottenuti a meno di 27 °C ma con un sistema di estrazione con le presse, di tipo tradizionale.
Italia, UE, Puglia, Tunisia
Da qualche anno l’indicazione dell’origine è obbligatoria. Se c’è un solo riferimento geografico, Italia o Unione Europea, significa che sia la raccolta delle olive che la loro lavorazione è stata fatta lì, altrimenti bisogna specificare. In altre parole, se un olio è indicato come italiano significa che entrambe le fasi (raccolta delle olive e successiva molitura) sono avvenute nel nostro Paese.
Quando ciò non succede si possono trovare indicazioni come: “Olio extra vergine di oliva ottenuto in Italia da olive raccolte in Tunisia”.
Niente indicazioni regionali in etichetta (ad esempio “olio marchigiano”) quando non si tratti di oli extravergine DOP e IGP, che in Italia sono arrivati a 46, dal Trentino Alto Adige alla Sicilia.
Saturi, monoinsaturi, polinsaturi
Da qualche anno è obbligatorio riportare la tabella nutrizionale sulle confezioni di tutti gli alimenti, e c’è una serie minima di nutrienti da indicare. Per questo, sull’etichetta dell’olio si possono leggere dati inutili come il contenuto di proteine, zuccheri, sale e fibre, tutte sostanze assenti in questo condimento (e infatti il loro valore è sempre zero). I più curiosi, però, possono verificare la percentuale di acidi grassi saturi e, ma non sempre, anche di mono e polinsaturi. Nella quarantina di etichette che ho analizzato c’è una discreta variabilità: i grassi saturi, ad esempio, vanno dal 10 al 19%, ma non potrei dire se la composizione cambia in funzione del clima o della posizione geografica, anche perché i prodotti con questi contenuti estremi erano entrambi siciliani. In ogni caso, chi deve ridurre i grassi saturi a favore degli insaturi può verificare la composizione del suo olio preferito.
Fruttato o dolce?
Tra le innumerevoli regole legate alla produzione e alla vendita dell’olio extravergine ce ne sono che impongono la precisione nel definire le caratteristiche di gusto e aroma. Per questo gli aggettivi che si possono trovare in etichetta non saranno “saporito” o “leggero” ma piuttosto “fruttato”, “dolce”, “fruttato leggero”, che corrispondono a valori ben precisi di specifici sapori e profumi rilevati nell’assaggio effettuato da panel test certificati.
Invecchiando peggiora
No, non è come il vino, ma l’opposto. L’olio non migliora mai invecchiando. Per questo diventa importante sia sapere quando è stato prodotto, che conservarlo sempre come si deve.
Sulle bottiglie troviamo il termine minimo di conservazione, non la data di produzione, ma se un olio italiano proviene al 100% da un’unica raccolta dev’essere obbligatoriamente riportata l’annata. Al momento, troviamo sia oli delle annate 2017-2018 che 2018-2019. Se non ci sono le date significa che si tratta di miscele di oli prodotti in anni diversi.
Vedere il bel colore dell’olio attraverso il vetro trasparente è piacevole. Ma facilita l’ossidazione: l’olio è sensibile alla luce, come anche al calore e all’ossigeno dell’aria. Per questo deve stare al buio, in un posto fresco, sempre ben chiuso. In effetti, la maggior parte delle bottiglie in vendita o sono di vetro scuro oppure vengono ricoperte da un foglio d’alluminio.
Se volete approfondire il tema olio extravergine d'oliva, il nostro chef Giuseppe Capano ha scritto una riflessione sull'uso dell'extravergine come sostituto del sale.