Non passa settimana ormai senza che in televisione, in libreria o su qualche rivista, non venga proposta una nuova dieta, immancabilmente migliore di tutte le altre, che non hanno mai funzionato. Avendo esaurito ogni possibile filone, sembra che le proposte ormai stiano raschiando il fondo. Commentiamo dunque alcune tra quelle che hanno avuto maggiore risonanza mediatica, evidenziandone pregi e limiti, così da essere “vaccinati” rispetto alle semplificazioni che quotidianamente ci vengono propinate. Ho provato a suddividere le diete in diverse aree tematiche, e precisamente: ipocaloriche o facenti uso di digiuni (Longo, 5+2, intermittenti, Lemme); iperproteiche, chetogeniche o paleo (Zona, Dukan, Cordain); di prodotto/da farmacia.
Diete ipocaloriche: un errore lungo un secolo
L’abbaglio delle calorie è duro a morire. Nonostante sia ormai perfettamente documentato come la trasformazione dell’energia chimica contenuta nei cibi possa trasformarsi in calore (oppure in ATP cioè energia utile) in funzione della maggiore o minore attivazione della tiroide, il conteggio delle calorie viene ancora insegnato in tutte le scuole ufficiali di nutrizione come metodo dimagrante. Software avanzati misurano le calorie di un gambo di sedano, per poi affermare che, in fondo, un caffè zuccherato può fare poco danno perché ne contiene solo 24. Meno di una mela. Se poi lo zucchero è di canna non famale. Io credo che sarebbe ora di bandire da ogni scuola qualunque calcolo calorico, sia per sua completa inutilità, non ci dice nulla, infatti, sull’attitudine all’accumulo o al consumo da parte dell’organismo, sia perché il calcolo stesso è errato in partenza, derivando da una combustione all’interno di un calorimetro invece che da una digestione selettiva, come effettivamente avviene nell’uomo. Recentemente stanno ottenendo grande risonanza diete che prevedono al loro interno periodi più o meno lunghi di digiuno e, tra queste, la “mima-digiuno” ha un supporto mediatico molto sostenuto. Questa dieta nasce da un ricercatore non medico, Valter Longo, il quale sostiene che la sua utilità stia nel ridurre la quantità di GH (l’ormone della crescita) prodotto. Tale riduzione proteggerebbe dal cancro uomini e animali, regalando longevità. Per documentarlo mostra una popolazione sudamericana di poveretti che geneticamente sono quasi privi di GH e restano quindi grassi e alti circa un metro a maturità e che, immaginiamo, avranno ferite che non cicatrizzano, masse muscolari ridicole, virilità ai minimi: tutte funzioni GH-dipendenti. Ma queste persone non si ammalano mai di cancro. È però molto diverso dire che il GH genera tumori, o dire che, in un paziente ammalato di cancro, il GH acceleri lo sviluppo del tumore. La prima affermazione è del tutto falsa (se non per quantità innaturali esogene) mentre la seconda è vera. La dieta mima-digiuno consiste in un giorno a 1000 Calorie seguito da quattro giorni a 750 Calorie. Una dieta da fame, che può generare attacchi bulimici, depressione, infertilità, demuscolazione, rallentamento tiroideo. Il fatto che il “kit del digiuno” (tè, zuppe liofilizzate, barrette e poco altro) venga venduto negli Usa a 150 dollari dovrebbe farci riflettere. Non diverse, nella sostanza, sono poi le altre scorciatoie che si basano sul digiuno. I fanatici dei digiuni intermittenti, per esempio, sostengono, senza alcun fondamento, che un breve periodo di digiuno (12-18 ore) può “risvegliare” il metabolismo. Quelli del “5+2”, invece, dicono che puoi mangiare qualunque porcheria per cinque giorni, purché dopo digiuni per due. In buona sostanza viene trasmesso il messaggio: posso abbuffarmi di dolciumi e bibite zuccherate, tanto poi con un po’ di digiuno “mantengo il peso”. Questa sola frase rende manifesta l’ignoranza della maggior parte di chi si mette a dieta e, purtroppo, anche di un certo numero di nutrizionisti, che ancora misurano progressi e migliorie dei pazienti attraverso il solo peso. Se si misurassero le effettive modifiche della composizione corporea in termini di grasso, muscolo e acqua, ci di renderebbe immediatamente conto del fatto che qualunque dieta ipocalorica genera calo di massa immunologico” e “stimolo staminale”. Saremo capaci di distinguere le chiacchiere di marketing dalla Scienza?
Tante proteine per un grande abbaglio
Non dissimili dalle logiche precedenti sono le diete iperproteiche, chetogeniche o rigidamente “paleo”. Il punto di contatto tra ipocaloriche e iperproteiche è la dieta a zona. La zona è apparentemente iperproteica (in realtà correttamente normoproteica) ma è poi talmente controllata sulle calorie (dagli zonisti chiamate “blocchi”) da risultare una dieta dimagrante molto severa ed estremamente ipocalorica, che genera un iniziale rapido calo, ma che provoca poi un abbassamento metabolico marcato, tanto da comportare un utilizzo delle proprie proteine muscolari come fonte energetica. Se si forniscono, con i calcoli calorici di Sears, ideatore di questa dieta, 1000 Calorie/giorno a chi ha un fabbisogno di 2500, siamo davanti ad una dura dieta ipocalorica, quale che sia la composizione di ciò che mangiamo. La dieta a zona ha altri meriti non indifferenti: ha portato attenzione e interesse sui pericoli legati all’eccessivo utilizzo di carboidrati (quando in America si criminalizzavano solo i grassi) e al controllo della secrezione di insulina, con conseguenti problemi cardiovascolari nella popolazione. Le diete veramente iperproteiche, invece, generano perdita di peso grazie a un altro meccanismo. Sia che obblighino per certi periodi a consumare solo carne o pesce o che si rifacciano ai vantaggi della chetogenesi (che ogni medico sa essere un problema di salute grave) o a malinterpretate origini paleolitiche, hanno l’obiettivo di non soddisfare in alcun modo il fabbisogno di carboidrati dell’organismo. Ciò che molti non sanno, o fingono di non sapere, è che il corpo estrae prima la quota di carboidrati che gli serve per vivere, e solo dopo, con le proteine rimaste, si occupa di costruire e ricostruire tessuti, muscoli e altro. Se dunque io consumo solo proteine, il corpo estrarrà da queste, affaticando fegato e reni, i carboidrati necessari al sostentamento quotidiano. Per ottenerli, però, deve consumare energia, col risultato che 1000 Calorie di proteine potrebbero trasformarsi, alla fine, in poco più di 500 Calorie di carboidrati, per le necessarie e costose operazioni di deaminazione, biosintesi dell’urea, eliminazione renale e altro. Eccoci, dunque, ancora a un’ipocaloricità di fondo, svelata dalla chetogenesi, che rappresenta la risposta del corpo che non dispone dei necessari carboidrati, e si sposta verso il consumo dei grassi, con il noto effetto intossicante di cui i chetoni sono solo l’effetto finale. Le diete iperproteiche sono dunque in realtà diete ipocaloriche che, paradossalmente, fanno perdere massa muscolare invece di proteggerla.
Diete da banco… un quadro desolante
Da questa pur succinta analisi, che pure ha tralasciato altre aberrazioni (dai bustoni proteici ai pasti sostitutivi, dai gruppi sanguigni ai negozi specializzati, dove persone spesso prive di alcun titolo prescrivono diete basate sui prodotti che vendono), esce un quadro alquanto desolante. È possibile che non si riesca a comprendere che una dieta sana deve essere sana tutti i giorni? Che se non c’è movimento regolare nessuna dieta può farci perdere grasso in modo stabile? Che le scorciatoie non esistono? Eppure i dati scientifici, e gli approcci seri a dieta e salute, ci sono. Basterebbe credere un po’ meno a chi promette mari e monti ignorando la differenza tra calo di peso e calo di grasso, e aprire gli occhi su ciò che ha basi scientifiche e ciò che non ne ha. Investire tempo a leggere, studiare, approfondire, capire, ci permetterà di avere uno sguardo più realista in questo mondo infestato da voraci squali.