Tra i legumi, la soia si distingue per il suo elevato profilo nutrizionale: non solo offre una quantità di proteine significativamente superiore agli altri esponenti della categoria (un etto di soia secca ne fornisce ben 36 g), ma le offre anche di qualità superiore, poiché contengono tutti gli aminoacidi essenziali - cioè quelli che il nostro corpo non è in grado di produrre - nelle giuste proporzioni. Per questo motivo, la soia è l’unico alimento vegetale con proteine complete, paragonabili a quelle della carne. D’altra parte, questo legume non dà il meglio di sé quando viene consumato come tale, sotto forma di fagioli bolliti. Non a caso gli orientali, abituati da sempre a un suo utilizzo frequente e regolare, utilizzano la soia dopo averla trasformata in tempeh, natto o altri prodotti che prevedono la sua fermentazione o lavorazioni differenti. Questi procedimenti, tra le altre cose, abbattono la presenza di sostanze anti-nutrienti contenute nella soia così come negli altri legumi, molecole che possono ostacolare l’assorbimento a livello intestinale di alcuni minerali. In questo modo la soia migliora le sue caratteristiche nutrizionali e salutistiche.
Come si produce
Uno dei derivati più consumati della soia è il miso, prodotto della cultura gastronomica giapponese, ottenuto dalla lenta fermentazione della soia insieme a cereali come riso, orzo o frumento. Più precisamente, il miso è il risultato di una doppia fermentazione. Nella prima, si inoculano delle spore di Aspergillus, un fungo, nei cereali cotti, lasciando proliferare queste muffe per un paio di giorni fino a quando si forma un bel micelio bianco-verdastro su ogni chicco: il prodotto così ottenuto prende il nome di koji. Successivamente si incorporano al koji i fagioli di soia cotti, si immerge il tutto in salamoia e si procede alla seconda fermentazione ad opera di batteri lattici e lieviti che lavorano insieme agli enzimi prodotti dall’Aspergillus nel koji. Tradizionalmente, questa seconda fermentazione dura mesi se non anni, producendo straordinari complessi aromatici. Nelle versioni industriali meno pregiate il tempo si riduce a poche settimane e, per compensare l’aroma più blando, vengono spesso aggiunti aromi e molto più sale. Il miso, infatti, è simile al vino: esistono centinaia di varianti. Si può modificare la proporzione degli ingredienti di base, utilizzare cereali integrali o raffinati, variare la quantità di sale, il tempo di fermentazione e la temperatura. Inoltre, si possono scegliere diversi ceppi di Aspergillus e arricchire il miso con verdure, alghe o spezie particolari.

I vantaggi per la salute
Il consumo regolare di miso è sempre stato, per i giapponesi, non solo una fonte di preziose proteine ma anche un importante alleato per la salute, grazie alle sue proprietà fitoestrogeniche, anti-ossidanti, anti-infiammatorie e anti-ipertensive. Durante la sua produzione, infatti, si forma una proteina capace di neutralizzare alcuni lipopolisaccaridi prodotti dall’Escherichia coli (un batterio presente nell’intestino) noti per causare infiammazione intestinale. Inoltre, il miso inibisce l’attività dell’enzima di conversione dell’angiotensina I in II (ACE), sostanza che restringe i vasi sanguigni e che aumenta la pressione sanguigna. Inibendo la formazione dell’angiotensina II, il miso contribuisce quindi a proteggere dalla pressione alta. Oltre a favorire la presenza di batteri benefici nell’intestino, il miso ha anche la capacità di modificare alcuni metaboliti prodotti dal microbiota intestinale, aiutando a prevenire diverse forme di disbiosi, cioé lo sviluppo di ceppi batterici intestinali nocivi alla salute.

Facciamo chiarezza sul sale
Come tutti i prodotti fermentati in salamoia, il miso contiene quantità non trascurabili di sodio, tanto da figurare spesso nell’elenco degli alimenti da cui si dovrebbero astenere le persone a rischio cardiovascolare che devono ridurre l’assunzione di questo metallo. Attenzione però a non esagerare con la diffidenza: il miso è un alimento certo molto salato ma grazie al suo straordinario profilo aromatico consente di arricchire il sapore degli alimenti utilizzandone piccoli quantitativi e quindi con un modesto apporto di sodio. I prodotti che si formano durante la sua lunga fermentazione sono veri e propri esaltatori di sapidità che inducono nel nostro palato una sensazione più intensa di quella generata dal solo sale. Grazie a questo trucco, il miso ci sembra molto più salato di quello che è in realtà: in media, un cucchiaino colmo contiene circa 100 mg di sodio, la stessa quantità contenuta in una singola oliva. C’è di più: grazie alla sua attività ACE-inibitrice, di cui abbiamo parlato in precedenza, il miso svolge un’efficace azione anti-ipertensiva. Studi recenti hanno infatti dimostrato che, a parità di sodio, l’effetto sulla pressione sanguigna derivante dal consumo di miso è molto più contenuto rispetto a quello che si osserva aggiungendo la stessa quantità di sodio direttamente sul cibo. A conferma di ciò, numerosi studi hanno rilevato che non c’è alcuna correlazione tra il consumo di miso e l’aumento della pressione sanguigna o l’incidenza di ipertensione nella popolazione. In altre parole, il miso “ripaga” ampiamente il sodio che contiene, apportando tanti benefici alla salute e una nota aromatica alla cucina di tutti i giorni.
I fitoestrogeni della soia creano problemi?
Il consumo di soia nei Paesi Occidentali è relativamente recente e, come tutte le novità, ha attirato inizialmente una certa diffidenza. In particolare, a causa del suo contenuto di fitoestrogeni, la soia è stata accusata di causare alterazioni nella crescita, squilibri ormonali, neurologici, immunologici, della densità ossea o dell’apparato riproduttivo. Se ancora qualcuno nutrisse dubbi al riguardo, chiariamo una volta di più che tutte queste accuse non hanno mai trovato alcun riscontro negli studi condotti sull’uomo. Tutte le revisioni più recenti della letteratura scientifica esonerano la soia da tali accuse, e anche l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA) ha concluso che gli isoflavoni della soia non hanno alcun effetto avverso sulla salute del seno, della tiroide o dell’utero. Anzi il contrario: proprio grazie ai suoi isoflavoni (fitoestrogeni), se la soia è assunta con regolarità, ha importanti funzioni preventive sul rischio cardiovascolare e sui tumori ormone-dipendenti, quali seno, ovaie ed endometrio.
Come usare il miso
A differenza di tempeh, natto e tofu, il miso non va considerato come una pietanza in sé, ma come un ingrediente per la preparazione. Ecco alcune idee per utilizzarlo.
Zuppa di miso
L’utilizzo più noto del miso è la preparazione dell’omonima zuppa, piatto tipico dei ristoranti giapponesi, a base di brodo dashi, alga wakame e cubetti di tofu. Si prepara in modo facile e veloce ed è ottima per aprire un pasto. Il miso va sempre aggiunto al termine della cottura, in modo da preservarne il sapore e l’effetto probiotico dato dalla presenza di batteri benefici vivi e vitali.
Salse di accompagnamento
È un ottimo condimento per accompagnare le verdure crude. Si può stemperare anche nello yogurt, nel tahini di sesamo, o frullare insieme a frutta secca, semi o erbe aromatiche fresche.
Starter per fermentazioni
Il miso contiene lieviti e batteri vivi, è ottimo quindi come starter per fermentazioni casalinghe di ogni tipo. Molti degli tzukemono giapponesi, le tradizionali verdure fermentate colorate, usano il miso come inoculo, prendendo il nome di misozuke.
Base delle marinature
Il miso è ottimo come base per marinare le verdure, il tofu, il tempeh e il pesce. Si può stemperare con olio, aceto, vino, birra, salsa di soia, succo di agrumi, aceto balsamico, sciroppo d’acero, miele, sake, mirin, tahini, erbe e spezie. Si lasciano marinare per varie ore gli alimenti da cucinare e poi si cuociono in forno, in padella o nel wok.
A cura di Stefano Vendrame




