Una tavola rotonda organizzata dall’Aiab propone la revisione profonda delle regole che debbono seguire gli agricoltori biologici. Al primo posto una drastica riduzione delle burocrazia per non scoraggiare l’ingresso delle aziende, soprattutto quelle piccole. Ne parliamo con Alessandro Triantafyllidis che dell’Aiab federale è presidente
Semplificazione della burocrazia e apertura a forme di certificazione diversa che diano garanzie ai consumatori ma siano utilizzabili anche dalle piccole aziende; miglioramento in profondità delle regole delle importazioni per evitare pericolose falle al sistema di certificazione; nessuna tolleranza verso gli OGM; inclusione di requisiti ambientali ed energetici; inclusione di nuovi ambiti quali la ristorazione collettiva. Questi i temi cardine emersi nel corso della tavola rotonda “L’agricoltura biologica che vogliamo nel 2020” organizzata dall’Aiab per mettere all’ordine del giorno la revisione del regolamento europeo 834/07, che definisce regole e modalità di certificazione del biologico. Sono intervenuti Teresa De Matthaeis del Mipaaf, Stefano Masini, responsabile Area Ambiente e Territorio di Coldiretti, Vittorio Cogliati Dezza, presidente di Legambiente, Fulvio Mamone Capria, presidente della LIPU, Emilio Gatto, direttore generale Icqrf, Giovanni Cavinato, Presidente di Icea, Massimo Crivellaro, ValoreItalia, Vincenzo Vizioli, presidente di Firab e Andrea Ferrante, Vice Presidente Ifoam Eu.
“Sono tutte tematiche importanti sulle quali occorre lavorare per arrivare a proposte concrete, ma due vanno messe all’ordine del giorno con urgenza: la riforma del sistema di controllo e certificazione e la modifica delle regole che presiedono l’importazione di prodotti biologici da paesi non UE”. A dirlo è Alessandro Triantafyllidis, presidente dell’AIAB federale.
Cos'è emerso alla tavola rotonda su questi due punti? “Intanto c’è stata la condivisione della valutazione che l'attuale sistema di certificazione è troppo rigido e che, invece di accogliere chiunque voglia fare biologico, crea esclusione, soprattutto delle piccole aziende. Si tratta dunque di rendere il sistema più flessibile, affinché chiunque voglia fare agricoltura biologica e voglia certificarla secondo il Regolamento europeo lo possa fare nelle modalità più adatte alle varie realtà aziendali”. Le aziende che escono dal sistema di certificazione o non ci entrano affatto lo fanno sostanzialmente per due motivi: il costo della certificazione e l’eccesso di burocrazia che è il deterrente più forte all’entrata di piccole aziende e di intere filiere locali.
Le proposte uscite dal convegno per affrontare questo problema sono essenzialmente due, entrambe come possibili modifiche del regolamento, dunque restando dentro il sistema. La prima è la semplificazione radicale delle pratiche burocratiche per la piccola azienda. “La cosa difficile – spiega Triantafyllidis - è definire in modo chiaro cosa si intende per piccola azienda. Fatto questo, la proposta invece è semplice: l’azienda presenta un dettagliato piano aziendale con indicate le parcelle di terreno, le produzioni che si prevedono, le lavorazioni, i trattamenti ecc. Il tutto viene certificato da uno degli organismi di controllo e l’azienda non deve fare altro fino a quando non cambia il suo piano aziendale”.
“La seconda proposta – continua il presidente dell’Aiab - è la “Certificazione di gruppo” vale a dire che un certo numero di aziende possono decidere di mettersi insieme – e in questo caso possono essere piccole ma anche medie e grandi – per costituire un consorzio o una cooperativa e tutta la parte burocratica dell’azione di controllo e certificazione riguarderà da quel momento solo questo “organismo superiore” e non le singole aziende associate”.
Quanto alle importazione il problema nasce dall’entrata in vigore ad agosto del nuovo Regolamento sulle importazioni in regime di equivalenza da paesi extra Ue. “Il fatto è – dice Triantafyllidis – che queste nuove norme sono congegnate in modo tale da applicare ai prodotti importati regole meno stringenti di quelle dell’Unione europea. Questo, da un lato rischia di ridurre le garanzie per i consumatori, dall’altro di creare difficoltà ai produttori europei che debbono sostenere i costi più alti che derivano da regole più rigorose. D’altra parte la stessa Corte dei Conti Europea, quasi in contemporanea al nuovo regolamento sulle importazioni, ha reso pubblici i risultati di un audit volto a valutare l’efficacia del sistema di controllo nell’Unione europeo nel quale si sottolinea, fra l’altro, l’inadeguatezza dei controlli sulle importazioni. E la situazione, dopo agosto, non è certo migliorata, anzi…”.
Quali sono i prossimi passi? “Innanzi tutto – risponde il presidente dell’Aiab - dare una forma organica e articolata alle proposte emerse dalla tavola rotonda. Poi come associazione avvieremo un processo, a partire dalle nostre sedi regionali, per sviluppare un lavoro sul territorio che coinvolga Regioni, uffici del biologico, associazioni, organizzazioni di categoria ecc.”.