Grani antichi contro la celiachia?

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Più resistenti alle avversità, buoni e con caratteristiche nutrizionali molto interessanti: le vecchie varietà di cereali, come il frumento Senatore Cappelli, il farro, il grano monococco e altri ancora, tornano sulle nostre tavole, risvegliando l’interesse di nutrizionisti e ricercatori

Mentre scegliete una pasta, magari nel vostro supermercato biologico di fiducia, vi è mai capitato di intravedere su una confezione la scritta “Antichi cereali” e, più sotto, “Senatore Cappelli in purezza”? Vi siete chiesti cosa significa?
Antico è un termine improprio. Si tratta, in realtà, di vecchie varietà di cereali che un tempo hanno avuto successo poi sono state abbandonate e ora sono nuovamente  utilizzate”. A dirlo è Norberto Pogna, genetista, direttore dell’Unità di ricerca per la valorizzazione qualitativa dei cereali. Il Senatore Cappelli è una di queste vecchie varietà di grano ed è stata selezionata tra il 1935 e il 1940 da Nazareno Strampelli che gli diede quel nome per rendere omaggio a Raffaele Cappelli, poi divenuto senatore, ringraziandolo così del sostegno dato alle ricerche di nuove varietà di frumento.

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Varietà rustiche ricche di proteine

“Il Senatore Cappelli - spiega Norberto Pogna - è una varietà rustica che può essere coltivata senza particolari aiuti dalla chimica. Anzi, con una concimazione organica funziona addirittura meglio. Avendo poi un altissimo contenuto proteico, è molto interessante per l’agricoltura biologica in quanto la sua minore produttività è compensata da prezzi leggermente superiori”. Insomma, il Cappelli in agricoltura convenzionale non sarebbe sicuramente competitivo mentre lo è nel biologico e consente di fare delle ottime paste. La percentuale di proteine presenti nel frumento è da sempre un problema per l’agricoltura biologica in quanto le comuni varietà di grano coltivate senza gli interventi
chimici e con il solo uso di fertilizzanti organici, spesso arrivano a fatica a contenere una percentuale di proteine tale da rientrare nei parametri di legge per la pastificazione. Per questo il Senatore Cappelli è molto apprezzato dall’agricoltura biologica.

Celiachia in aumento e “nuovi” frumenti

Un’altra ragione del crescente interesse verso queste antiche varietà di cereali riguarda la celiachia, cioè l’intolleranza permanente al glutine. Come ricorda Letizia Saturni, specialista in Scienze dell’alimentazione dell’Università Politecnica delle Marche,
La celiachia è un’intolleranza che si manifesta in presenza di tre fattori: una base genetica, un fattore scatenante ambientale, cioè il glutine, e un’alterata permeabilità intestinale. Ciascun fattore, da solo, non porta a nulla, invece la presenza dei tre produce la celiachia”. Attualmente, in Italia, si stima ci sia un celiaco ogni 100 abitanti, vale a dire circa 5-600 mila persone, anche se quelli diagnosticati sono solo 60 mila. La diffusione di questo disturbo sembra essere in aumento e questo sia a causa della maggiore facilità di dignosi sia, probabilmente, all’aumento del contenuto proteico nei frumenti più usati oggi. La questione è resa più complessa dal fatto che, in realtà, il glutine nel grano non c’è: ci sono varie molecole proteiche, alcune delle quali tossiche per il celiaco che, fondendosi insieme quando si aggiunge acqua, costituiscono il glutine. “I grani di una volta - conclude Saturni - avevano un certo tipo di proteine che, combinandosi tra loro, formavano un determinato tipo di glutine, completamente diverso da quello formato dagli attuali frumenti”. Già da tempo si ipotizza che l’aumento della celiachia, ma anche le tante difficoltà digestive dovute al consumo di frumento, siano legate a un miglioramento genetico che, finalizzato solo a esigenze di produttività, ha ristretto parecchio la varietà dei frumenti in circolazione offrendo un ventaglio limitato di semi verso il quale le popolazioni hanno manifestato una maggiore intolleranza.

Farro e grano monococco, antichi grani con poco glutine

“Già negli anni Ottanta - spiega il genetista Norberto Pogna - diversi test realizzati su varietà di frumento non più coltivate avevano evidenziato una minore e, alle volte, addirittura assente, reattività dell’organismo al glutine. In Italia stiamo cercando tra i cereali “dimenticati” quelli che danno meno reazioni allergiche e finora l’attenzione si è concentrata sul farro e sul grano monococco”. “I test in vitro hanno mostrato che alcune varietà di farro sono meno nocive per il celiaco”. A dirlo è Michele Piccinini, agronomo del Cermis (Centro ricerca e sperimentazione per il miglioramento vegetale) e coordinatore del progetto Cereali e salute di cui Norberto Pogna è il responsabile scientifico. “Si è visto che quelle piccole porzioni proteiche che provocano le reazioni d’intollenza al glutine ci sono anche nel farro, però, insieme a queste, sono presenti anche altre frazioni proteiche che attenuano l’effetto tossico. Nel grano monococco è stato individuato un meccanismo simile ma non si riescono a isolare le stesse proteine protettive che invece sono state identificate nel farro”.
“Stiamo cercando - continua Pogna - di riportare in coltivazione il grano monococco anche per le sue interessanti proprietà nutrizionali, cioè un elevato contenuto di antiossidanti, ferro e zinco”. La sua coltivazione è ancora molto limitata ma si spera, grazie anche all’incentivo di nutrizionisti e ricercatori, di poterlo vedere presto ritornare nelle nostre campagne e rendere più gustosa e salutare la tavola. Per quanto riguarda, invece, il grano Senatore Cappelli è oggi già abbastanza diffuso e viene utilizzato per produrre paste, ma anche alcuni pani tradizionali fatti con il grano duro, come quello di Matera che gode del riconoscimento Igp (Indicazione geografica tipica).

Grani antichi contro la celiachia? - Ultima modifica: 2010-12-13T00:00:00+01:00 da Redazione

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