Invece di parlare di sport, attività fisica e del benessere che ne deriva, questa volta invece voglio esplorare un tema che ha a che fare con il concetto di fame e quindi, più in generale, di nutrimento. Proviamo a pensarci: quante volte ci succede di aprire il frigo e ingurgitare ciò che capita senza nemmeno renderci conto di quello che stiamo mettendo in bocca? Presi dai nostri pensieri o magari dalla fretta, mangiamo senza fare caso ai segnali di sazietà che il corpo ci manda. Altre volte ci buttiamo sul comfort food: caramelle, dolci, pane e chi più ne ha più ne metta per placare non tanto la fame fisica ma quella emotiva, magari in seguito a una delusione o a un dispiacere. A volte anche solo per noia.
Risvegliare la consapevolezza
La verità è che quella che chiamiamo “fame” è un’esperienza multisensoriale: è importante, quando ci apprestiamo a mangiare qualcosa, riuscire a capire quale parte di noi chiede di essere nutrita, in modo da farlo adeguatamente. Per riuscirci viene in nostro aiuto la Mindful Eating, la meditazione del cibo, uno strumento molto valido per riscoprire il piacere di gustare ciò che mangiamo e per tornare a prenderci cura di noi stessi attraverso il cibo, riconoscendo emozioni e pensieri poco funzionali e lasciandoli andare. La Mindful Eating ci permette di riacquisire la capacità di ottenere informazioni dallo stomaco riguardo alla sua pienezza, evitare di mangiare quantità di cibo eccessive o ridotte e non confondere la fame con altri segnali, come i brontolii alla pancia che possono derivare anche da uno stato ansioso. Questa pratica ci consente infine di comprendere i processi interni e gli eventi esterni che influenzano il nostro rapporto con il cibo. Quindi perché non provarla?
C' è fame e fame...
La fame è un istinto naturale e il meccanismo alla sua base è un sistema complesso che viene regolato dall’organismo. La sensazione che tutti conosciamo non sempre corrisponde alla necessità di mangiare per dare forza, energia e sostegno al corpo ma può essere legata anche a molti altri fattori. Durante l’infanzia tutto funziona perché, privi di condizionamenti, siamo in sintonia con i segnali che indicano quando sentiamo la pancia vuota o piena. Crescendo, le cose si complicano un po’: veniamo influenzati dall’aria che respiriamo in famiglia, dalle convinzioni delle persone a noi vicine, da quello che leggiamo o che vediamo fare a personaggi famosi che magari si lanciano in diete strampalate illudendosi di raggiungere una forma fisica perfetta. E ci influenzano nella gestione del peso, dell’alimentazione e della nostra immagine. Esistono vari tipi di fame, tra cui per esempio la fame degli occhi, quella che proviamo alla vista di un buffet pieno di cose buone; la fame delle orecchie, che viene scatenata ad esempio dal crock delle patatine fritte… è lo stesso tipo di fame che proviamo anche quando qualcuno ci descrive il nostro piatto preferito. Per non parlare della fame del naso, che deriva dal profumo di una torta appena sfornata che, stimolando gli enzimi digestivi e la produzione di saliva, fa venire “l’acquolina in bocca”. Ci sono poi la fame dello stomaco e la fame cellulare, legate al bisogno di mangiare quando il corpo finisce le scorte a sua disposizione: la prima è segnalata dalla pancia vuota che brontola, la seconda è in funzione dei micro e macronutrienti di cui abbiamo bisogno e mangiare sano è il primo modo per riconoscerne i segnali. E infine ci sono la fame della mente e quella del cuore, a cui dobbiamo prestare particolare attenzione: la prima tende a governare le nostre scelte alimentari, sovrastando i sensi e i segnali del corpo. La seconda è dettata dalle emozioni e ci spinge a fare uno spuntino perché siamo tristi, ansiosi o annoiati, anche se di fatto non ne avremmo bisogno.
Federica Constantini, Fitness Coach & Food Blogger




