Forse Madre Natura voleva darci un suggerimento quando ha deciso che la forma di un gheriglio di noce ricordasse quella del nostro cervello… Le più recenti ricerche scientifiche dimostrano infatti che consumare regolarmente noci ha degli effetti benefici sulla nostra mente, consentendo anche di rallentare la progressione di malattie neuro-degenerative come Alzheimer o Parkinson. Ma partiamo dalle origini.
Le ghiande di Giove
Provenienti dall’Asia Centrale, le noci hanno accompagnato da sempre l’alimentazione dell’uomo: già nel neolitico venivano abitualmente consumate come testimoniamo reperti fossili risalenti all’8000 a.C.. I Babilonesi furono i primi a coltivarle attivamente, e i romani gli diedero il nome in uso ancor oggi nella nomenclatura scientifica: Juglans, ovvero la “ghianda di Giove”. In effetti, le noci sono un alimento davvero eccellente sotto il profilo nutritivo: scrigno di vitamine del gruppo B, grassi buoni, ottime fibre e un quantitativo tutt’altro che irrilevante di proteine di alta qualità, circa 15 g per etto. Ma non si limitano solo a nutrire: le noci sono anche un alimento fondamentale per restare in salute, perché contrastano e prevengono l’instaurarsi di importanti malattie.
Proteggono dall'Alzheimer
Grazie alla loro particolare combinazione di polifenoli (con attività antiossidante), al contenuto dell’acido grasso omega-3 α-linolenico (ALA) e al loro profilo di vitamine e minerali, le noci hanno un’attività antinfiammatoria e antiossidante particolarmente spiccata. Inoltre, l’estratto di noci ha mostrato la capacità di ridurre i danni cellulari indotti dalla proteina Aβ, componente distintiva delle placche amiloidi nel cervello delle persone affette dalla malattia di Alzheimer. E non solo questo: hanno anche la capacità di inibire la tendenza della Aβ a formare polimeri e fibrille, e persino indurre la solubilizzazione di quelle già formate. Anche se per il momento queste attività sono state documentate solo in vitro, non mancano dati molto promettenti per quanto riguarda l’uomo: negli ultimi anni, alme no sei importanti studi effettuati sull’uomo e pubblicati su autorevoli riviste scientifiche, hanno confermato l’attività neuro-protettiva delle noci. Ne sono un esempio i risultati dello studio PREDIMED (studio spagnolo concluso nel 2011 allo scopo di valutare gli effetti della dieta mediterranea sulla prevenzione degli eventi cardiovascolari), eseguito su oltre 500 partecipanti che per sei anni hanno consumato un mix di 30 g di frutta secca al giorno, di cui metà noci, un quarto mandorle e un quarto nocciole: rispetto al gruppo di controllo, i consumatori di noci hanno ottenuto punteggi migliori nei test di memoria e in vari test di riferimento per la funzione cognitiva, come il Mini-Mental abitualmente usato per la diagnosi dell’Alzheimer.
Migliorano le funzioni cognitive
Le noci non hanno dimostrato solo un effetto protettivo nei confronti di un’importante malattia come l’Alzheimer ma, come testimoniano i dati del programma di ricerca statunitense NHANES - un programma di studi progettato per valutare la salute e lo stato nutrizionale di adulti e bambini negli Stati Uniti -, il consumo regolare di noci è associato anche a una migliore funzione cognitiva osservata, non solo nel gruppo dei partecipanti con oltre 60 anni, ma anche nel gruppo con età compresa tra 20 e 59 anni. Anche per i giovanissimi, non è mai troppo presto per approfittare dell’attività protettiva delle noci: uno studio da poco pubblicato da un gruppo di ricercatori catalani su 700 adolescenti tra gli 11 e i 16 anni seguiti per sei mesi, ha evidenziato come un consumo regolare di noci aumenti la capacità di concentrazione e riduca i sintomi del disturbo da deficit dell’attenzione/iperattività (ADHD). Insomma, fermo restando che l’equilibrio della dieta nel suo complesso è il fattore principale per determinare la salute, molto più di quanto possa fare un singolo alimento da solo, un consumo regolare di noci sembra proprio essere un importante alleato per il benessere del nostro cervello, con la possibilità di ridurre non solo il rischio della comparsa di patologie neuro-degenerative come l’Alzheimer o il morbo di Parkinson ma anche rallentarne la progressione. Oltre a mantenere la mente più vitale a tutte le età.
Utili anche al sistema cardiovascolare
Non è solo in virtù del loro effetto neuro-protettivo che le noci sostengono la salute del nostro cervello. Sono anche preziose per la prevenzione cardiovascolare, e quindi per proteggerci dal rischio di ictus cerebrali o attacchi ischemici transitori. Questo avviene non solo grazie agli acidi grassi della serie omega-3, alle fibre, alle vitamine, ai minerali e ai fitocomposti protettivi ma anche al contenuto di L-arginina: un amminoacido che, a livello dell’endotelio vascolare, viene utilizzato dal nostro organismo per fabbricare ossido nitrico, sostanza che abbassa la pressione sanguigna, facilita la circolazione del sangue e inibisce l’eccessiva aggregazione piastrinica.
Quante noci mangiare?
Come sempre nella scienza della nutrizione, se un po’ fa bene, di più non fa meglio. Pur essendo alimenti preziosi, infatti, le noci sono molto dense dal punto di vista calorico e vanno quindi conteggiate all’interno della manciata quotidiana di frutta secca raccomandata dalle linee guida nutrizionali, quantità che equivale a 30 grammi pesati senza guscio. Ciò corrisponde a circa sei noci di media dimensione. Tuttavia, in un’ottica di dieta il più varia possibile, è preferibile consumarne solo due o tre, insieme ad altri tipi di frutta secca quali mandorle, nocciole o pistacchi. Alla fine di settembre, con l’entrata nella stagione autunnale, inizia il periodo di raccolta. Approfittate del loro impareggiabile gusto a colazione, a merenda, alla fine di una cena frugale o anche all’interno di ricette elaborate. Sempre senza surriscaldarle prima del consumo.
Il pesce azzurro dei vegetariani
Rispetto al resto della frutta secca, le noci contengono più acidi grassi della serie omega-3, il che le rende - insieme ai semi di lino, chia e canapa - una buona opzione per coprire il fabbisogno di questi preziosi lipidi nelle diete vegetariane o vegane. Attenzione però: a differenza degli omega-3 contenuti nel pesce (EPA e DHA), quelli di origine vegetale (ALA) necessitano di essere convertiti nelle forme più attive. Per assicurare una conversione efficiente è necessario lasciare libero l’enzima preposto (delta-9-desaturasi), evitando un eccessivo consumo di oli di semi (ricchi di acidi grassi omega-6), molto presenti nei prodotti confezionati. Nessun problema, invece, se si utilizza l’olio extravergine di oliva il cui acido oleico (omega-9) non interferisce con questa conversione.
Di Stefano Vendrame, biologo nutrizionista.




