Uno studio coordinato dal Consiglio per la ricerca e la sperimentazione in agricoltura (CRA) ha messo a confronto le varietà locali di una dozzina di ortaggi con le corrispondenti varietà commerciali. Ne è risultato che quelle locali sono più adatte all’agricoltura biologica delle commerciali e danno risultati qualitativi migliori. Ne parliamo con Roberto Lo Scalzo del CRA
La raccolta e la conservazione di varietà locali di ortaggi o di frutta hanno sicuramente un valore scientifico e culturale, ma perderebbe parte della loro importanza se non fossero accompagnate anche da una concreta valorizzazione delle produzioni. “Questa considerazione ha stimolato nel 2009 la nascita del progetto ‘Valorizzazione della tipicità orticola attraverso l'agricoltura biologica - VAL.OR.BIO.’ finanziato dal MiPAAF, che ha avuto l’obiettivo di studiare e favorire la diffusione di alcune pregevoli tipicità orticole di Emilia-Romagna, Marche ed Abruzzo”. A scriverlo è il coordinatore del progetto, Gabriele Campanelli, nell’introduzione di una pubblicazione che ne presenta i risultati. “Le tipicità esaminate – continua Campanelli - sono state 20 per 9 diverse specie con studi di ordine agronomico, genetico e qualitativo. Al progetto hanno collaborato 25 aziende agricole biologiche che hanno condotto oltre 100 saggi di coltivazione nel rispetto delle normali tecniche praticate. Le osservazioni degli imprenditori agricoli hanno ben integrato i dati sperimentali raccolti in 18 prove parcellari allestite presso il CRA - Unità di ricerca per l’Orticoltura di Monsampolo del Tronto (CRA-ORA) contribuendo a definire il reale valore agronomico dei materiali proposti”. Dello svolgimento della ricerca e dei suoi risultati parliamo con Roberto lo Scalzo, biologo dell’Unità di ricerca per i processi dell’industria alimentare del CRA di Milano (CRA-IAA),
Perché, in questa ricerca che ha al centro le varietà locali di alcuni ortaggi e frutti, ha un peso così rilevante l’agricoltura biologica?
Purtroppo ancora oggi la maggior parte delle coltivazioni biologiche sono fatte utilizzando le stesse varietà di ortaggi o frutta che si usano in agricoltura convenzionale. Si tratta di varietà che hanno subito una forte selezione per ottenere il massimo dei risultati utilizzando i metodi colturali dell’agricoltura convenzionale, ma che non danno certo il meglio di sé con i metodi dell’agricoltura biologica. Questo spiega, tra l’altro, perché parecchi studi arrivano alla conclusione che non ci sono sostanziali differenze fra prodotti biologici e convenzionali. Se vogliamo che l’agricoltura biologica esprima a pieno le sue potenzialità dobbiamo risolvere questo problema e usare varietà di ortaggi, di frutta o di cereali, specificamente selezionati per la coltivazione biologica.
Ma dove si trovano queste varietà?
In realtà non si trovano, bisogna “costruirle”. Torniamo così alle varietà locali da cui siamo partiti. Rispetto a oggi una volta c’era molta più biodiversità agronomica. Di un ortaggio esistevano diverse varietà frutto del lavoro degli agricoltori per renderle più adatte alle condizioni climatiche, del terreno, stagionali ecc. L’Italia, per vari motivi, ha perso meno di altri paesi questa biodiversità agronomica locale e si ritrova ad essere, da questo punto di vista, particolarmente ricca. Oggi si tratta di attingere da questa ricchezza per individuare varietà adatte alle condizioni dell’agricoltura biologica. Queste varietà però non basta trovarle, conservarle e utilizzarle tal quali per l’agricoltura biologica, bisogna anche verificarne la qualità e avviare una selezione migliorativa, che è quello che il CRA ha fatto per molte delle varietà utilizzate nella ricerca di cui stiamo parlando. Così, valorizzando le tipicità locali, si dà un contributo alla soluzione di un grosso problema dell’agricoltura biologica.
In cosa è consistita la ricerca condotta con il progetto “Val.Or.Bio”?
Per tre anni consecutivi, che è il tempo minimo per ottenere risultati significativi, sono stati studiati da diversi punti di vista - in particolare quello agronomico e quello della qualità nutrizionale e organolettica ecc. - una dozzina di prodotti orticoli largamente consumati in Italia e importanti dal punto di vista delle potenzialità salutistiche. Lo studio ha messo a confronto sia i due metodi colturali utilizzati, convenzionale e biologico, sia i risultati ottenuti con diverse varietà, una locale e una commerciale.
Il nostro gruppo, si è occupato della qualità dei prodotti oggetto di studio dalla raccolta al consumo. Usando campioni liofilizzati di ogni ortaggio abbiamo analizzato la qualità in termini di macronutrienti (in particolare gli zuccheri) e di proprietà organolettiche come aromi e profumi, ma senza fare panel test formali di degustazione. Al tempo stesso abbiamo considerato la qualità in termini di micronutrienti valutando la presenza delle sostanze tipiche di ogni singolo prodotto come, vit C, carotenoidi ecc., ma anche effettuando dei test per valutare la capacità antiossidante complessiva del prodotto.
Può fare un esempio dei risultati?
Cito il caso della varietà locale di cavolfiore “verde di Macerata” confrontato con una varietà commerciale di cavolfiore verde. Però, prima, vorrei ricordare un paradosso della spinta alla riduzione della biodiversità di cui ho parlato all’inizio e che riguarda proprio il cavolfiore. Negli anni Settanta, infatti, si è lavorato per avere un cavolfiore che facesse meno odore possibile al momento della cottura e che fosse più bianco possibile. Per poi scoprire che le sostanze responsabili dell’odore e del colore erano le stesse che producevano quell’effetto protettivo da diverse forme di cancro che oggi tutti conoscono.
Ma vengo ai risultati: nel cavolo, le nostre analisi hanno evidenziato che la varietà locale coltivata con il metodo biologico ha dato i risultati migliori, sia di quelli della varietà commerciale coltivata in convenzionale, sia della stessa varietà commerciale coltivata in biologico. Riguardo alla vitamina C, per esempio, la varietà commerciale coltivata in biologico ha registrato un contenuto medio superiore del 9% a quella della stessa varietà coltivata in convenzionale. Invece, la varietà locale coltivata in biologico ha registrato una presenza media di vitamina C superiore del 27% a quella della varietà commerciale coltivata in convenzionale.
Questo dato così netto confermerebbe che le varietà locali possono essere, per l’agricoltura biologica, un tesoro cui attingere per migliorare…
Anche se le differenze non sono sempre così nette, in generale si può dire che le varietà locali si sono adattate meglio delle varietà commerciali alla coltivazione bio. Dal lavoro del gruppo dell’Università di Camerino, che ha partecipato alla ricerca, vengono poi due considerazioni importanti. La prima, che la coltivazione in biologico ha effetti positivi sulla produzione dei polifenoli, quindi sulle proprietà salutistiche potenziali del prodotto. La seconda, che le varietà locali di ortaggi prese in esame hanno un contenuto in polifenoli estremamente interessante. Se si mettono insieme le due cose ne risulta confermato che la combinazione metodo biologico-varietà locale ha grandi potenzialità. Ma richiede un grande lavoro di ricerca che veda la partecipazione attiva degli agricoltori a fianco dei ricercatori, come è stato per il progetto Val.Or.Bio.