Attori si nasce, buongustai si diventa


Giuseppe Battiston, eclettico attore di teatro, cinema e televisione, è stato iniziato ai piaceri della tavola fin da piccolo e prova ancor oggi verso il cibo un’attrazione fatale. L’imperativo, però, è che sia di qualità

Già mi aspettavo di sentire il profumo di arrosto che permeava il teatro e invece l’unico cibo a dominare la scena per alcuni minuti è stata un’eclettica melanzana.
A trarmi in inganno il titolo dell’opera: Orson Welles’ roast, che evocava, e certamente non solo a me, i mitici Sunday roast lungo il Tamigi. Errore: perché l’arrosto in questione non è quello destinato alle fauci del maestoso regista americano ma un’offerta sacrificale, ovviamente metaforica e incarnata da Giuseppe Battiston, uno dei nostri più talentuosi giovani attori, conosciuto tanto dal pubblico teatrale quanto da quello cinematografico e televisivo. Così siamo andati a controllare di persona, nei camerini del finalmente risorto Teatro Puccini di Corso Buenos Aires a Milano, sede nuova di zecca del Teatro dell’Elfo, se si trattasse dell’attore friulano e non già di un fantasma del palcoscenico…

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Giuseppe, com’è finita quella melanzana sulla scena di un’opera teatrale in cui si parla d’arrosto?

La melanzana è un vegetale bellissimo, con una presenza scenica straordinaria.
È sicuramente molto più adatto a essere portato in scena dell’arrosto, che pure è uno dei miei piatti preferiti e che continua a suscitare in me la meraviglia per come viene trasformato dalla cottura. La stessa meraviglia che provavo da bambino nella cucina delle mie vicine di casa, sarde, che sono state per me delle ineguagliabili “vicenonne” e presso e quali si è compiuta la mia iniziazione culinaria: ravioli, una pizza che non ho mai più ritrovato, dolci della tradizione sarda come le zeppole tutti questi piatti erano fantastici. È stato grazie a loro che mi sono interessato al cibo, fondamentalmente per capire e carpire
il mistero della trasformazione degli elementi, e ho imparato anche a manipolare e a meravigliarmi di fronte a un impasto informe che diventa una profumata e soffice torta… è davvero una piccola magia! Grazie a questa mia passione, crescendo, sono stato individuato tra gli amici come quello che ispirava più fiducia quando si trattava di preparare da mangiare e così ho preso sempre più dimestichezza ai fornelli, tanto che oggi me la cavo piuttosto bene e devo dire che continuo a stupirmi e a divertirmi in cucina.

Da buon friulano, ti piace accompagnare il pasto con un bicchiere di vino?

Certo, amo molto il vino: nella mia regione si beve da lunga tradizione ed è un fatto culturale, non per abitudine deteriore o per una sorta di sottosviluppo, e ci tengo molto a difendere questo prodotto che per me è un veicolo di conoscenza oltre che un piacere per lo spirito e il corpo. Mi spiace che per mancanza di buon senso siamo arrivati a perdere il valore conviviale che il vino ha dalla notte dei tempi: trovo, ad esempio, eccessive le limitazioni riguardo alla guida, che trasformano in un delinquente chiunque abbia bevuto un semplice bicchiere di vino a pasto.

L’idea che ti fai delle persone dipende anche dal rapporto che hanno con il cibo?

Io sono convinto che una persona attraverso ciò che mangia o cucina racconti molto di sé, anche se questo non deve implicare un giudizio da parte di chi osserva. Ad esempio, se uno si nutre di surgelati pronti confesso che mi lascia perplesso, ma poi capisco che quella persona deve avere una scala di valori differente dalla mia e mi incuriosisce scoprire quale sia. Se i surgelati pronti hanno tanto successo, ci sarà pur una ragione: non nego che questo mi lascia un po’ di tristezza, ma è una sensazione tutta mia.

E tu che tipo di cuoco sei?

Amo molto cucinare per gli amici e anche sperimentare, sia inventando nuove ricette sia rivisitando quelle che trovo. Mi piace cucinare da solo, in silenzio, in modo da poter ascoltare quello che mi dicono le pentole, capire se quella rosolatura è a fuoco troppo alto, se quel sobbollire è troppo debole, perché dal loro suono dipende la riuscita del piatto. E poi sono molto attento alla qualità e alla freschezza degli ingredienti, cerco di conoscerne la provenienza e il metodo di coltivazione e di allevamento, anche se non necessariamente scelgo prodotti biologici, soprattutto per la difficoltà di reperirli freschi. Certo, l’ideale sarebbe far la spesa con un gruppo di acquisto, conoscere i produttori, ma io purtroppo non riesco con la vita vagabonda che conduco. Però, quando posso, mi piace molto andare a fare la spesa, soprattutto nei mercati in cui i produttori vendono direttamente, scegliere i prodotti di stagione e quelli che mi sembrano più freschi.
Sono poi perplesso verso gli Ogm, su cui sappiamo ancora troppo poco riguardo ai loro effetti sulla salute: e non mi vengano a raccontare che servono a sfamare il pianeta! Il pianeta si sfama studiando i metodi di coltivazione più adatti e non impoverendo il terreno con colture intensive. Vergognoso, ad esempio, che il mercato del riso sia in mano agli americani, così come vergognosa è la privatizzazione dell’acqua.

Quali sono le tue linee guida in cucina?

Fondamentalmente amo cucinare in modo leggero, usando solo il condimento che serve e faccio in modo che i sapori dei singoli ingredienti si percepiscano sempre bene. Non amo la cucina elaborata e preferisco quella povera: trovo, ad esempio, che una buona verdura di stagione ben cucinata sia molto più raffinata di altre preparazioni ricercate e costose. E poi cerco di non sprecare e di non lasciarmi tentare dal consumismo e dalle offerte dei supermercati che ti fanno riempire il frigo e la dispensa di montagne di cibo che poi non riuscirai a mangiare.

Attori si nasce, buongustai si diventa - Ultima modifica: 2010-12-30T00:00:00+01:00 da Redazione

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