Un Patto territoriale – che trova i suoi presupposti giuridici nella legge n. 662/1996 – su 5 filoni di intervento: 1. tutela e gestione integrata e dinamica della biodiversità e del territorio, tenendo conto dell’adattamento ai cambiamenti climatici, 2. corretta e oculata gestione del bacino fluviale e della risorsa idrica, garantendo la naturalità del fiume e la qualità delle acque; 3. lotta contro i fenomeni di bracconaggio faunistico ed ittico; 4. adozione delle scelte produttive e tecnologiche più innovative a minore impatto su suolo, acqua e aria; 5. coinvolgimento e motivazione delle comunità e degli operatori locali nella corretta e dinamica valorizzazione del patrimonio naturale locali e nella riconversione e ottimizzazione degli impianti industriali e dell’apparto produttivo e delle pratiche agricole, anche attraverso la promozione dell’agricoltura biologica e biodinamica. E’ questa la proposta che è emersa dal dibattito su “Il futuro del Delta del Po – Tutela della biodiversità e del paesaggio, equilibrio idrogeologico e sviluppo sostenibile” che si è svolto qualche giorno fa al Museo di Storia Naturale di Ferrara, promosso da: AIAB – Associazione Italiana Agricoltura Biologica, AIPIN – Associazione Italiana per l’Ingegneria Naturalistica, APAB – Associazione Italiana Agricoltura Biodinamica, CIRF – Centro Italiano per la Riqualificazione Fluviale, CTS, Federazione Pro Natura, FEDERBIO, Italia Nostra, Legambiente, LIPU, Marevivo, Slow Food, Touring Club Italiano, WWF.