L’agricoltura biologica può sfamare il mondo? Si, però…


Però non può cambiare solo il modo di produrre, ma anche cosa si produce. Per esempio bisogna destinare alla produzione diretta di alimenti per gli umani, i terreni ora utilizzati per i foraggi per gli altri animali. Di conseguenza occorre cambiare anche le nostre abitudini alimentari, diminuendo drasticamente il consumo di alimenti di origine animale. Queste alcune delle conclusioni di uno studio realizzato dal Research Institute of Organic Agriculture (FiBL)

Convertendo totalmente l'agricoltura convenzionale in agricoltura biologica, la domanda mondiale di cibo potrebbe essere soddisfatta - si legge su "Le scienze" - solo aumentando fino a un terzo in più l'estensione dei terreni coltivati. L'aumento delle aree coltivate sarebbe evitabile se il passaggio al biologico fosse limitato al 60 per cento delle coltivazioni, ma solo dimezzando gli sprechi di cibo e le aree destinate ai mangimi

 L'agricoltura biologica potrebbe soddisfare la domanda di cibo globale in modo sostenibile. Ma a due condizioni: che aumentino notevolmente le aree coltivate oppure che si riducano gli sprechi di cibo e la produzione di carne. Lo afferma un nuovo studio pubblicato su "Nature Communications" da Adrian Muller del Research Institute of Organic Agriculture (FiBL) di Frick, in Svizzera, e colleghi di una collaborazione internazionale.

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L'agricoltura biologica è una tecnica di coltivazione dei terreni più sostenibile dal punto di vista ambientale. In sostanza, consiste nel fare a meno di fertilizzanti e pesticidi sintetici, promuovendo la rotazione delle colture per favorire i cicli naturali dei nutrienti.
I vantaggi ambientali di questa pratica sono ampiamente documentati, ma i terreni coltivati con l'agricoltura biologica hanno una resa inferiore, e quindi per ottenere la stessa quantità di cibo delle tecniche di coltivazione convenzionali bisogna coltivare aree più estese. I benefici ambientali dell'agricoltura biologica diminuiscono quindi fino quasi a scomparire se misurati per unità di prodotto anziché per unità di area coltivata. Inoltre, rinunciare ai concimi azotati di sintesi potrebbe portare a una carenza di nutrienti, anche incrementando le coltivazioni di legumi.

Uno dei problemi è capire se l'agricoltura biologica può essere adottata su larga scala e se può essere in grado di fornire nutrienti a un'ampia popolazione. Finora tuttavia non sono mai stati realizzati modelli in grado di incrociare i modelli globali di sviluppo della popolazione e del cibo con le caratteristiche dell'agricoltura biologica.

I ricercatori svizzeri hanno realizzato una nuova simulazione al 2050 che tiene conto di diversi scenari climatici globali e delle proiezioni dell'ONU sull'aumento demografico, secondo cui la popolazione mondiale dovrebbe raggiungere i nove miliardi di persone.

Nel caso di una conversione totale all'agricoltura biologica, il primo dato emerso è che l'estensione dei terreni da coltivare dovrebbe aumentare dal 16 fino al 33 per cento. Senza cambiare l'estensione dei terreni sarebbe invece plausibile un modello con una conversione parziale delle colture, quantificabile in un 60 per cento.

In questo scenario, tuttavia, la domanda mondiale di cibo sarebbe soddisfatta solo dimezzando sia gli sprechi di cibo sia i terreni destinati alla produzione di mangime per animali (e quindi la produzione di carne), terreni che andrebbero convertiti alla coltivazione di vegetali per il consumo umano.

E dovrebbero cambiare anche le abitudini alimentari degli esseri umani: in particolare, la percentuale media di proteine animali nel totale dell'introito proteico dovrebbe calare dal 38 per cento all'11 per cento.

Infine, il modello ha valutato anche l'impatto ambientale della conversione all'agricoltura biologica: l'effetto sarebbe positivo per tutti i parametri, tranne l'erosione dei suoli, che potrebbe aumentare del 10-20 per cento a causa dell'incremento delle aree coltivate.

 

 

 

L’agricoltura biologica può sfamare il mondo? Si, però… - Ultima modifica: 2017-11-17T12:00:44+01:00 da Franco Travaglini

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