La biodiversità nel campo biologico


Controllare le erbe infestanti e la temperature del suolo, ridurre l’evaporazione dell’acqua e al tempo stesso aumentare l’agrobiodiversità nei campi, che è fondamentale in agricoltura biologica. Una ricerca europea sulla “pacciamatura viva”. Ne parliamo con Stefano Canali del CRA-RPS

Avete mai sentito parlare di pacciamatura? E’ una tecnica agronomica che consiste nello stendere sul suolo, naturalmente lasciando libere le piante coltivate, dei materiali – dalla paglia, ai film di plastica - per controllare le erbe infestanti, ridurre l’evaporazione dell’acqua che così resta disponibile per le piante, controllare la temperatura del suolo. La pacciamatura viene usata, in agricoltura sia convenzionale sia biologica, prevalentemente in orticoltura, meno in frutticoltura. Oltre ai materiali “morti” come quelli appena menzionati, si possono utilizzare anche materiali vivi, vale a dire piante. Questa tecnica è attualmente sperimentata in un progetto biennale di ricerca che oltre all’Italia (dove è partner anche l'Aiab) coinvolge Germania, Danimarca, Slovenia,  per verificare i vantaggi che può offrire il suo utilizzo in agricoltura biologica. In Italia a condurre il lavoro è il CRA – RPS (Consiglio per la Ricerca e la sperimentazione in Agricoltura Centro di ricerca per lo studio delle relazioni tra pianta e suolo), ne parliamo con uno dei suoi ricercatori, Stefano Canali

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In cosa consiste questa tecnica?

In Italia noi la stiamo sperimentando sul cavolfiore e sul carciofo, mentre negli altri paesi europei coinvolti, oltre che sul cavolfiore si lavora sul porro. Allora vediamo la tecnica applicata al cavolfiore.
Dopo le normali lavorazioni del terreno si mettono a dimora le piantine di cavolfiore e si lasciano passare 10-15 giorni. Una volta che i cavolfiori si sono insediati bene e hanno cominciato a crescere, fra gli spazi liberi seminiamo un’erba medica annuale, una leguminosa. Così, creiamo artificialmente una consociazione fra una pianta da reddito e un’altra pianta che, seppure normalmente sia da reddito anch’essa, in questo caso è utilizzata per offrire dei “servizi ecologici”, quelli propri della pacciamatura classica, più altri.

Ma non c’è il rischio che questa consociazione dia luogo a una competizione, a discapito del cavolfiore?

Questa è la difficoltà più grande nell’applicazione di questa tecnica. Certamente l’erba medica entra in competizione con il cavolfiore per le sostanze nutritive e per l’acqua. L’abilità dell’agricoltore consiste dunque nel trovare un equilibrio fra svantaggi e vantaggi, facendo prevalere questi ultimi. Da questo punto di vista è importantissima la prima mossa, vale a dire la semina della pacciamatura verde al momento giusto, quando il cavolfiore è già abbastanza forte per tenere sotto controllo la crescita dell’erba medica. Al tempo stesso però la coltura da reddito deve lasciare che la coltura di “servizio ecologico” cresca abbastanza per svolgere il suo compito.

Quali sono i vantaggi della pacciamatura viva rispetto a quella morta?

I vantaggi ipotizzati sono tanti e la ricerca serve appunto a verificare che ci sono veramente. Ora stiamo valutando i risultati del primo anno di ricerca, che sono promettenti, poi seguirà un altro anno con un nuovo ciclo produttivo.
Naturalmente la pacciamatura viva deve ottenere innanzi tutto gli stessi risultati della pacciamatura morta (controllare le erbe infestanti, ridurre l’evaporazione, controllare la temperatura del suolo). A questo può aggiungere altri servizi ecologici. Innanzi tutto, che nel campo non ci siano solo cavolfiori ma anche erba medica, ne aumenta l’agrobiodiversità che è molto importante per l’agricoltura biologica. In questo metodo di coltivazione, infatti, si tende a creare un ambiente agricolo complesso che, guidato dagli interventi dell’agricoltore, consente di ridurre al minimo gli apporti esterni.

Per esempio?

Se noi con la pacciamatura verde aumentiamo l’agrobiodiversità, possiamo mettere in moto meccanismi biologici che consentono l’insediamento e la crescita di insetti benefici che tengono sotto controlla le popolazioni degli insetti patogeni. E questo è essenziale perché la strada maestra, per l’agricoltura biologica, non può essere combattere le avversità con sostanze consentite al posto dei pesticidi chimici dell’agricoltura convenzionale, bensì di contrastarle quanto più è possibile con tecniche agronomiche ad hoc.

Ma allora perché non lasciare libero sviluppo alle erbe infestanti evitando così di seminare l’erba medica?

Il fatto è che le infestanti vanno dove vogliono e fanno quel che vogliono, a lungo andare inselvatichiscono l’ambiente e la biodiversità che creano non è favorevole all’agricoltura, anzi. La pacciamatura verde, invece, pur occupando la stessa nicchia ecologica delle infestanti, la guidiamo noi e, se la guidiamo bene, non produciamo una biodiversità qualunque, ma una biodiversità agronomica, cioè utile a produrre cibo nelle migliori condizioni per agricoltori, consumatori e ambiente.

Altri vantaggi?

Se si usa una leguminosa, come nell’esempio cavolo-erba medica, quest’ultima fissa azoto nel terreno sia durante la sua vita vegetativa sia quando, alla fine del ciclo produttivo del cavolfiore, l’erba medica viene tagliata e interrata. E l’azoto è un nutriente essenziale per le piante. La pacciamatura verde poi, attraverso l’assorbimento delle piante, riduce il dilavamento dei nitrati che poi finiscono nelle falde acquifere con il rischio di inquinarle che questo comporta. Ancora: se si usa il film plastico, la pacciamatura morta ha dei costi ambientali dovuti alla sua produzione industriale che, ovviamente, la pacciamatura verde non ha.

La pacciamatura verde può produrre un aumento della produttività per ettaro?

La nostra ricerca non è finalizzata all’aumento della produzione. Il nostro obiettivo è capire come la pacciamatura verde può fornire al meglio i servizi ecologici di cui abbiamo parlato, e altri ancora, rendendo applicabile una tecnica complessa e non facile da adattare alle varie situazioni, la cui utilizzazione, come i primi risultati della nostra ricerca sembrano confermare, offre grandi possibilità per l’agricoltura biologica.

State facendo anche una valutazione dei costi?

Sì,  in via d’ipotesi ci aspettiamo una riduzione dei costi anche se non di grandi dimensioni, in particolare per la maggiore efficacia nella gestione delle infestanti. Un altro aspetto che stiamo valutando è quello dei consumi energetici che incidono sia sui costi sia sull’impatto ambientale. L’ipotesi che vogliamo verificare è se questa tecnica di pacciamatura produce una riduzione dei consumi energetici, per esempio per via di un minore uso delle macchine.

Per seguire i lavori del CRA-RPS si può utilizzare l'account di Twitter @scarpeinfangate.

La biodiversità nel campo biologico - Ultima modifica: 2013-05-21T00:00:00+02:00 da Redazione

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