“Pesticidi e monocoltura non sono Patrimonio dell’Umanità”


Così il coordinamento di cittadini e associazioni ambientaliste Fare Rete ha commentato la decisione dell'Unesco di rinviare la decisione sull'entrata delle Colline del Prosecco di Conegliano e Valdobbiadene nel registro dei Beni Patrimonio dell'Umanità. E ha ribadito che darà il suo sostegno alla candidatura solo in caso di conversione dell’area al biologico

QDPNews.it, il notiziario on line dell’Alta Trevigiana, ha ricevuto il comunicato di Fare Rete, il coordinamento di cittadini e associazioni ambientaliste,sulla decisione dell'Unesco di rinviare la decisione sull'entrata delle Colline del Prosecco di Conegliano e Valdobbiadene nel registro dei Beni Patrimonio, e lo ha pubblicato.

La candidatura Unesco "Le Colline del Prosecco di Conegliano e Valdobbiadene", che pare sia costata 800 mila euro, nonostante le forti pressioni dall’Italia è stata rinviata ad una nuova valutazione, per la quale Unesco ha anche richiesto di integrare il dossier presentato.

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Il coordinamento di associazioni e cittadini Fare Rete, ha monitorato e condizionato tale candidatura, ottenendo credibilità di Icomos, organo consultivo dell’Unesco, potendo così chiedere e promuovere sostenibilità e condivisione con il territorio e subordinando il proprio sostegno alla candidatura solo in caso di conversione al biologico.

Icomos per primo ha mosso forti critiche in merito alla candidatura delle Colline del Prosecco, sostenendone la non unicità e conseguentemente non raccomandandone l’iscrizione al suo patrimonio.

La monocoltura del prosecco è però ormai espansa ovunque (stando ai dati della Regione Veneto, la superficie vitata nella sola Provincia di Treviso ammontava a 36.583 ettari), motivo per cui ne viene sottolineata la non storicità del territorio, ribadendo che il prosecco è recente e che di esso sono considerati di valore esclusivamente i terrazzamenti “alti”.

Angola, Tunisia e Brasile hanno in particolare presentato una mozione che raccomanda la ripresa del dialogo, che pare non essersi basato sulla fiducia reciproca, tra Italia ed Icomos, al fine di ridefinire il dossier per la candidatura, per il quale viene di nuovo ribadito con decisione di dimostrare che il territorio è unico nel suo genere.

Fare Rete chiede perché non sia stato fatto il minimo accenno alla questione pesticidi, così sentita dalla popolazione residente nel territorio candidato. A quanto pare gli Stati appartenenti all'Unesco non hanno ricevuto i documenti sulla questione ambientale che Fare Rete ha inviato a Parigi: che fine hanno fatto?

Fare Rete auspica che questo anno di "dilazione della candidatura" venga colto per fare dei grandi passi reali e non solo opere di maquillage, soprattutto vista la proposta di Unesco di inviare una commissione internazionale.

Come infatti ci ha dimostrato l'Unesco, si deve cambiare obiettivo: non il prosecco ma l’ambiente, il paesaggio e la sua possibilità di viverlo anche da maggio a settembre, senza incappare in continui irroramenti di pesticidi. La candidatura deve rispecchiare il valore di un territorio e la storia della gente che vi abita.

Chi vi risiede chiede di vivere in un ambiente sano dove si possa circolare liberamente ed un Patrimonio dell’Umanità crediamo debba rispecchiare questi valori.

Fare Rete ritiene che la candidatura non debba essere un “marchio” con ricadute esclusivamente economiche e che la popolazione residente nell'area delle "ridenti colline candidate" debba poter far valere le proprie istanze per la difesa della salute e dell'ambiente e per una vita senza i disagi e le malattie legate ai fitofarmaci.

A questo riguardo, il presidente del Consorzio di tutela del Conegliano Valdobbiadene ha dichiarato di aver avviato una discussione anche con il mondo degli ambientalisti.

Fare Rete dissente da questa affermazione poiché, sebbene la candidatura Unesco sia stata richiesta “per costituire un esempio straordinario di una tipologia edilizia, di un insieme architettonico o tecnologico, o di un paesaggio, che illustri uno o più importanti fasi nella storia umana e per essere un esempio eccezionale di un insediamento umano tradizionale, dell’utilizzo di risorse territoriali o marine, rappresentativo di una cultura (o più culture), o dell’interazione dell’uomo con l’ambiente, soprattutto quando lo stesso è divenuto vulnerabile per effetto di trasformazioni irreversibili”, Fare Rete ritiene che la situazione nell'area candidata si possa, invece, riassumere dicendo che i pesticidi, gli sbancamenti collinari e la monocoltura non possono essere spacciati per Patrimonio dell'Umanità.

A conferma di quanto sopra, in nessuna delle pagine del dossier vengono citate le leggi ambientali da applicare per l’eliminazione dei prodotti fitosanitari “Tossici" e con "Effetti cronici per la salute", così classificati secondo il regolamento CE/1272/2008.

Eliminazione che potrebbe avvenire applicando l'articolo 21 del decreto legislativo 150/2012 "agricoltura biologica" e gli obiettivi ed i mezzi per raggiungerli previsti dal PAN, DM 22/01/2014.

Fare Rete inoltre non ritiene accettabile che per introduzione diffusa dell'agricoltura biologica si intendano 100 ettari in dieci anni, così come scritto nel piano di gestione della candidatura, nel quale troviamo anche che gli obiettivi strategici ed operativi devono essere condivisi dalla popolazione locale e dai portatori di interessi in modo da costituire un piattaforma negoziata e condivisa di finalità.

I cittadini riuniti in Fare Rete ed in altri gruppi locali non accetteranno mai che la attuale situazione venga trasferita così com'è nella candidatura, ed a quanto pare nemmeno Icomos ed Unesco.

“Pesticidi e monocoltura non sono Patrimonio dell’Umanità” - Ultima modifica: 2018-07-07T20:15:41+02:00 da Franco Travaglini

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