E se mangiare meno ci rendesse più intelligenti?


Per ora è solo un ipotesi quella lanciata dai ricercatori della University of California di San Francisco, autori di uno studio appena pubblicato su PLOS Biology. Ossia che la restrizione dietetica – quindi una riduzione delle calorie o degli alimenti consumati  ma senza innescare la malnutrizione – possa non solo aumentare la longevità (fatto già noto) ma migliorare l'apprendimento in modo indipendente dai processi di invecchiamento. Stessa causa ma due effetti diversi con strade metaboliche diverse, insomma.

Per esplorare gli effetti specifici della restrizione dietetica sui neuroni, ossia le cellule nervose, gli autori hanno utilizzato un verme, il Caenorhabditis elegans, come organismo modello verificando come la privazione alimentare abbia influenzato la capacità di questi animali di scoprire un'associazione tra il cibo e un prodotto chimico dal cattivo odore  (butanone). Ebbene, la restrizione dietetica ha aumentato la capacità di appendimento di questi animali, che hanno in effetti imparato a riconoscere il butanone. In particolare, i neuroni responsabili dell'associazione sono stati attivati dal neurotrasmettitore glutammato; gli autori hanno dimostrato che l’acido chinurenico, un prodotto derivato dal metabolismo delle proteine (dall’amminoacido triptofano), inibiva il lavoro del glutammato “smorzando” così  il processo di apprendimento.

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Secondo il modello proposto dagli autori, quindi, la riduzione degli alimenti limiterebbe la produzione di acido chinurenico, abbassando, di conseguenza, la capacità di questo metabolita di inibire la segnalazione del glutammato. Con il benefico effetto di incrementare l'attività neuronale e l'apprendimento. I risultati suggeriscono anche che gli effetti specifici della restrizione dietetica sull'apprendimento possono essere separati da quelli che agiscono su altri aspetti come l'invecchiamento.
"Il percorso dell'acido chinurenico e gli effetti inibitori del composto sono presenti anche nei mammiferi" commenta Kaveh Ashrafi, uno dei principali autori della ricerca, "Ma resta da determinare se questo acido influenzi l'apprendimento nei mammiferi come nei vermi e se l’intervento dietetico possa offrire nuove opportunità di intervento terapeutico sugli umani nei disturbi del sistema nervoso".

 

E se mangiare meno ci rendesse più intelligenti? - Ultima modifica: 2017-08-10T17:59:39+02:00 da Barbara Asprea

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