Coldiretti: “La Riforma Ue del Regolamento sul biologico affonda il settore”


Secondo l’organizzazione dei coltivatori diretti, il compromesso raggiunto dopo anni di discussione, favorisce i paesi del Nord che privilegiano la logica del business, rispetto a quelli, come l’Italia, che puntano a fare del biologico la punta avanzata della qualità agroalimentare

Via libera del Consiglio Ue all’accordo sulle nuove norme per l'agricoltura biologica, in discussione ormai da anni a causa delle divergenze  di vedute, da parte degli Stati membri,  rispetto alla proposta iniziale della Commissione Ue che intendeva elevare gli standard di qualità di tali produzioni.  Le nuove regole si applicheranno a tutti i produttori e ai prodotti biologici venduti nell'Unione, siano essi prodotti a livello nazionale o importati. In seguito alla decisione del Consiglio, il Parlamento europeo ha votato il 22 novembre, l'accordo provvisorio risultante da negoziati inter istituzionali e lo ha ratificato in prima lettura. Il testo concordato deve ancora essere approvato dalla Plenaria del Parlamento europeo e ufficialmente ratificato dal Consiglio,  prima che possa entrare in vigore. Una volta adottate, le nuove norme entreranno in vigore il 1° gennaio 2021.

Purtroppo – si legge in un articolo de “Il punto Coldiretti” -  il compromesso raggiunto, lontanissimo dalla proposta iniziale della Commissione,  costituisce un tradimento dei principi base dell’agricoltura biologica e segna la morte di un settore che avrebbe dovuto rappresentare la punta di diamante della qualità dell’agroalimentare.

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Oltre a permanere tutto il sistema di deroghe che attualmente impedisce di ottenere un alimento al 100% bio e che, dopo 20 anni, non trovano più giustificazione nella necessità di dare sviluppo al settore, si è arrivati con questo compromesso ad introdurre  addirittura le  produzioni “fuori suolo” per andare incontro a richieste dei paesi nord europei violando di fatto uno dei principi base del metodo di produzione: il legame del prodotto agricolo sia esso di origine vegetale o animale con la terra.

E’ evidente che il business garantito dall’apposizione del logo biologico agli alimenti, avendo conquistato la fiducia crescente di milioni di consumatori nell’Ue,  ha prevalso dando vita ad un’abile operazione di marketing, ora suggellata dal nuovo regolamento,  mascherata con la giustificazione addotta dalla quasi totalità degli Stati membri di  voler  garantire, in questo modo, la continuità del processo di crescita del settore e ha portato a bocciare  l’introduzione di norme più restrittive.

Il risultato è che, ora, sul mercato europeo, il consumatore  troverà prodotti certificati come biologici che hanno uno standard addirittura inferiore a quello precedente in quanto oltre a persistere tutte le deroghe già esistenti nel vecchio regolamento che certificavano un prodotto non sempre bio al 100% e che  beneficiava delle stesse soglie di contaminazione da ogm degli alimenti convenzionali, ora, in aggiunta, possono anche  essere  contaminati da prodotti fitosanitari o comunque da sostanze non autorizzate ed essere ottenuti fuori suolo  senza perdere la certificazione.

In estrema sintesi sono state rigettate tutte le proposte migliorative della proposta iniziale della Commissione Ue. In deroga al principio generale proposto dalla Commissione europea, volto a vietare le aziende agricole miste, ossia quelle che producono sia i prodotti convenzionali che quelli biologici, il testo finale consente a tali aziende di continuare ad esistere se possono essere effettivamente separate le due attività in unità di produzione chiaramente distinte; non sono state ammesse soglie più severe per la presenza di sostanze non autorizzate nei prodotti biologici rispetto ai prodotti convenzionali; le soglie di contaminazione con sostanze non autorizzate per i prodotti biologici rimangono uguali a quelle applicate ai prodotti convenzionali.

Gli Stati membri che attualmente applicano limiti nazionali più vincolanti per le sostanze non autorizzate nei prodotti biologici (come l’Italia), possono continuare a farlo a condizione che tali norme nazionali non vietino, limitino o ostacolino nel loro territorio l'immissione in commercio di prodotti biologici prodotti da altri Stati membri nel rispetto delle norme generali della produzione biologica dell'UE.

Quindi, ad esempio in Italia, possono essere commercializzati prodotti importati come biologici anche se sono contaminati con prodotti fitosanitari non ammessi per il biologico nel nostro Paese. Inoltre, il principio fondamentale della produzione biologica  basato sulla coltivazione e la produzione di piante che deve avvenire nel suolo, e per 'suolo' significa che il terreno superiore è a contatto con il sottosuolo, in modo che le radici possano crescere nel sottosuolo, anche questo è venuto meno.

Pertanto, sebbene la produzione idroponica, vale a dire le piante in crescita in solvente ad acqua, dovrebbe essere per principio vietata, tuttavia, i negoziatori del Parlamento, del Consiglio e della Commissione hanno convenuto una deroga, al principio fondamentale dell’agricoltura biologica, per gli agricoltori che producono con colture coltivate in letti demarcati in serra, che saranno autorizzati per l’utilizzo di tale pratica per un periodo di 10 anni sulle superfici che sono state certificate come biologiche prima del 28 giugno 2017 in Finlandia, Svezia e Danimarca. L'aumento di queste superfici non sarà consentita e la deroga dovrà terminare nel 2030.

Le deroghe che consentono l'utilizzo di sementi convenzionali nella produzione biologica potranno essere utilizzate sino al 2035, mentre la Commissione inizialmente aveva proposto di abolirle da subito, ma la data di scadenza potrebbe essere anticipata o posticipata, a seconda della maggiore disponibilità di sementi prodotte con metodo biologico. Ed ancora, il Consiglio ed il Parlamento europeo hanno respinto la proposta della Commissione europea, rivolta a migliorare i controlli dei prodotti biologici per aumentare la fiducia dei consumatori, trasferendo tutte le disposizioni relative ai controllo nel regolamento sui controlli ufficiali per gli alimenti e i mangimi.

L’unico aspetto positivo della riforma riguarda i controlli che sono importanti per migliorare la fiducia dei consumatori nei prodotti importati nell'Unione e inoltre dovrebbero rendere più equa la concorrenza dei prodotti comunitari rispetto ai prodotti importati.

L’accordo prevede l’adozione del "sistema di conformità" in sostituzione del principio di equivalenza finora in vigore, che diventerà la norma per quanto riguarda il riconoscimento degli organismi di controllo privati nei paesi terzi. Tali organismi dovranno, quindi, conformarsi alle norme di produzione e di controllo dell'UEeal momento di stabilire se un prodotto da esportare verso il mercato  è biologico o meno.

Tuttavia, le norme previste in materia di "equivalenza" richiedono che i paesi non appartenenti all'UE rispettino standard analoghi a quelli applicati nell’Ue, ma non saranno gli stessi per un periodo di cinque anni, entro il quale dovranno adeguarsi. Quindi, solo dopo un periodo transitorio di cinque anni, cioè dal 2025, tutti i prodotti importati dovrebbero rispettare gli standard europei. Ciò potrebbe causare un aumento incontrollato delle importazioni nel periodo transitorio.

Per evitare problemi di approvvigionamento sul mercato dell'Unione europea, la Commissione potrà autorizzare l’importazione di prodotti dai Paesi terzi e dalle regioni ultra periferiche dell'UE, che non sono più conformi alle norme per la produzione biologica UE. L'autorizzazione potrà essere rilasciata per un periodo rinnovabile di due anni e potrebbe essere giustificata da differenze nell'equilibrio ecologico della produzione vegetale o animale o da condizioni climatiche specifiche. Ciò consentirebbe l’etichettatura come biologico del prodotto finale importato senza il rispetto delle norme UE.

Inoltre, metodi di produzione equivalenti nei paesi terzi potrebbero essere riconosciuti in base a accordi commerciali specifici. A questo punto ai consumatori non resta che acquistare prodotti biologici la cui origine indicata in etichetta sia italiana presso i punti vendita della rete di Campagna Amica  perché il biologico italiano è soggetto a una normativa più restrittiva rispetto a quella comunitaria ed è, dunque,  garanzia di qualità.

Resta il fatto che l’Italia è comunque rimasta isolata nella discussione avvenuta a livello comunitario pur essendo il primo paese come numero di imprese biologiche nell’Ue ed il secondo per superficie investita in tale metodo di produzione mentre hanno prevalso le posizioni trainate da Olanda e Germania che hanno interesse ad importare e trasformare. L’approvazione della riforma della legislazione quadro si presenta come una pagina nera nel percorso a cui è orientata la Pac verso la qualità e il rispetto delle esigenze dei consumatori.

Coldiretti: “La Riforma Ue del Regolamento sul biologico affonda il settore” - Ultima modifica: 2017-11-30T09:00:49+01:00 da Franco Travaglini

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